Roma, 22 gen. (askanews) – Vale il 15% del Pil e ha resistito alla crisi conseguente alla pandemia “tenendo in piedi il paese”. E’ il settore agroalimentare, che ne 2019 valeva oltre 522 miliardi di euro. L’Italia ha l’agricoltura più ricca d’Europa come valore aggiunto, anche se ha solo quasi la metà della terra francese e di quella spagnola. Eppure, gli agricoltori italiani non sono i più ricchi d’Europa. L’Annuario dell’Agricoltura italiana 2019 realizzato dal Crea con il suo Centro Politiche e Bioeconomia fotografa una situazione sicuramente incoraggiante e delinea passato, presente e futuro a breve termine di un settore che ha saputo resistere, come ha detto il sottosegretario alle Politiche Agricole Giuseppe L’Abbate, “garantendo anche la stabilità sociale del paese”.
A presentare i dati, oltre al direttore generale del Crea Stefano Vaccari, anche i ricercatori del Crea Politiche e Bio-economia, Roberta Sardone, Roberto Solazzo e Lucia Tudi. Adesso, la sfida dell’agricoltura passa attraverso uno strumento fondamentale, ovvero l’uso dei fondi del Recovery, “per mettere in atto le riforme strutturali su logistica, stoccaggi, rendere le filiere verticali e compatte per dare forza e garantire redditività agli imprenditori agricoli”. Fondi tanto più importanti se si pensa che, nonostante il sostegno pubblico al settore agricolo nazionale rimanga rilevante (circa 11,9 miliardi di euro nel 2019) esso è comunque in calo rispetto agli anni precedenti. Dal 2015 al 2019, infatti, la riduzione del sostegno pubblico è stata di oltre 1,3 miliardi di euro (-10%), quasi totalmente derivante da minori agevolazioni nazionali.
Tra le buone notizie, quello che il Crea descrive come un “risultato straordinario”: sul fronte dei rapporti commerciali con l’estero, netta è stata la riduzione del deficit della bilancia agro-alimentare italiana, sceso largamente al di sotto di 1 miliardo di euro nel 2019, a fronte dei 5 miliardi del 2015 e degli oltre 9 miliardi del 2011. E nei primi 9 mesi del 2020, in piena pandemia, per la prima volta la bilancia commerciale dell’agroalimentare (saldo import/export) è passata in terreno positivo, facendo segnare un aumento dello 0,8% delle esportazioni a fronte di un calo delle importazioni del 4,4%.
Insomma, l’agricoltura italiana conferma la sua leadership europea: è, infatti, la prima in Europa per valore aggiunto e la terza per produzione lorda vendibile. Tra i suoi primati, oltre a quello ormai consolidato di primo produttore mondiale di vino (in volume), ha di recente guadagnato il primo posto a livello europeo nella produzione di ortaggi (in valore), superando la Spagna.
D’altra parte, il Covid ha lasciato un segno profondo sul settore ed è stato foriero di cambiamenti, in parte già metabolizzati in parte da metabolizzare, che perdureranno anche nel prossimo futuro. A partire dal boom del food delivery, che ha visto in pochi mesi triplicare il numero degli esercizi di ristorazione che si sono attrezzati per offrire il servizio. L’evoluzione dei servizi digitali trova il suo acme nella crescita dell’e-commerce alimentare che ha raggiunto livelli di crescita esponenziali su base annua, stimati per la GDO a circa +40%. Oggi, l’1% del totale degi acquisti alimentari in Gdo avviene on line.