Agricoltura, Rota (Fai-Cisl): sì al lavoro oltre età pensionabile – askanews.it

Agricoltura, Rota (Fai-Cisl): sì al lavoro oltre età pensionabile

Accanto al sistema pubblico favorire previdenza integrativa
Gen 3, 2025

Roma, 3 gen. (askanews) – Dare la possibilità agli italiani di allungare il periodo lavorativo oltre l’età pensionabile, anche in alcuni settori come l’agricoltura, è uno “strumento necessario”. Lo ha detto il segretario generale della Fai-Cisl, Onofrio Rota, commentando un report dell’osservatorio Enpaia-Censis. “I lavoratori agricoli – ha detto Rota ad Askanews – hanno la necessità di lavorare oltre il requisito pensionistico, perché in questo settore si esce dal lavoro con l’assegno sociale o poco più. C’è, dunque, la necessità di lavorare più a lungo. Per le altre professioni la scelta di restare al lavoro oltre l’età pensionabile è un’opportunità utile, buona. E a volte si conservano anche buone professionalità, che possono affiancare percorsi di cambi generazionali. Noi, per esempio, li gestiamo già dentro alcune aziende, dove vengono allungati percorsi in uscita per permettere e facilitare i cambi generazionali sull’apprendimento di nuove conoscenze nei luoghi di lavoro”. Nel settore agricolo la propensione all’autotutela previdenziale è più forte che in altri comparti, proprio alla luce di pensioni mediamente basse. “Il tema della pensione integrativa è di estrema attualità – ha affermato il numero uno della Fai – il sistema previdenziale pubblico deve essere affiancato da un sistema di pensione complementare, in quanto oggi un lavoratore attivo rischia di vivere un domani una vita da pensionato povero. Quindi, ha la necessità di integrare e di utilizzare il Tfr per costruire una previdenza complementare”. Nell’industria alimentare “questo sistema è ormai consolidato, in generale in tutta l’industria è uno strumento praticato – ha proseguito Rota – lo è meno nel settore agroalimentare o per meglio dire agricolo. Ultimamente, stiamo cercando di introdurre il silenzio-assenso per gli impiegati agricoli. Ma dovremmo fare ancora molto di più per gli operai agricoli. E’ necessario costruire un percorso di maggiore consapevolezza. Bisogna tener presente che, oggi, un lavoratore discontinuo, che lavora in agricoltura come stagionale, rischia di vedere più conveniente la pensione riconosciuta per vecchiaia, la pensione sociale, che non la pensione contributiva, perché non ce la farà mai a costruirsi una pensione contributiva adeguata. Offrire la possibilità di costruire una pensione complementare può aiutarlo a vivere una terza età in maniera molto più adeguata”. In agricoltura la carenza di manodopera è un problema e in futuro la situazione peggiorerà. Garantire flussi regolari di migranti sarà sempre più necessario. “Quello dei migranti è un tema che affrontiamo ogni anno – ha poi dichiarato Rota – ci sono lavori nel nostro Paese che non vengono svolti da lavoratori italiani. In agricoltura su un milione di lavoratori 350mila sono immigrati. Nel 2030 i migranti saranno il 50% dei lavoratori agricoli. La scarsa natalità nel nostro Paese genera un tasso di sostituzione non adeguato per mantenere una forza lavoro adeguata”. Tra cinque anni, “entro il 2030 nel sistema produttivo ci saranno 700mila lavoratori in meno in età da lavoro – ha aggiunto il numero uno della Fai – nel 2040 saranno 4 milioni in meno; nel 2050 si dovrebbe arrivare a 7 milioni in meno. Questo vuol dire una società molto più vecchia con un sistema di welfare da sostenere economicamente e con alcuni settori merceologici che avranno disperatamente bisogno di manodopera. Abbiamo posto l’accento su questo tema, in maniera diversa, con un rapporto che abbiamo intitolato ‘Made in ImmigraItaly’. Il tema dei prossimi anni è come gestiamo i flussi e come favoriamo l’integrazione, l’inclusione di queste persone e come generiamo un lavoro che possa dare stabilità”. Rota ha inoltre ricordato di non aver condiviso la scelta del Governo di allungare di due anni le ricongiunzioni. “Un lavoratore presente in Italia prima aspettava un anno, adesso deve aspettarne due per poter ricongiungersi con la famiglia – ha concluso – alla persona dai stabilità, equilibrio, integrazione e inclusione se gli fai portare la famiglia e lo fai sentire parte di una società. Non ho condiviso quella misura perché non facilita questo percorso. Questo sarà il tema di cui dovranno occuparsi in maniera responsabile sindacati, associazioni imprenditoriali e politica: favorire un’integrazione che non sia vista come invasione, ma come una risorsa buona per il Paese e utile anche per la crescita economica”.