Roma, 28 dic. (askanews) – Ci sarebbe l’ombra dell’intrigo internazionale, seppure tutto da confermare, dietro la detenzione in Iran della giornalista italiana Cecilia Sala, secondo quanto riportano “Repubblica” e il “Corsera”. Che avanzano un’ipotesi secondo cui il suo arresto potrebbe essere collegato a un altro arresto avvenuto a Malpensa tre giorni prima: quello dell’iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, su esecuzione di un ordine di cattura spiccato dagli Usa. L’uomo, in arrivo da Istanbul, è accusato dagli statunitensi di avere esportato componentistica elettronica utile alla fabbricazione di droni. Una pista tutta da verificare, e che potrebbe complicare gli sforzi per la liberazione della giornalista che era in Iran nel rispetto di tutte le regole imposte dal regime per il lavoro giornalistico.
Intanto oggi Palazzo Chigi ha diffuso una nota secondo cui la premier Giorgia Meloni “segue con costante attenzione la complessa vicenda di Cecilia Sala fin dal giorno del fermo, il 19 dicembre. E si tiene in stretto collegamento con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e con il sottosegretario Alfredo Mantovano, al fine di riportare a casa al più presto la giornalista italiana. D’accordo con i suoi genitori, tale obiettivo viene perseguito attivando tutte le possibili interlocuzioni e con la necessaria cautela, che si auspica continui a essere osservata anche dai media italiani”. E’ quanto si legge in una nota diffusa da Palazzo Chigi.
“Tutte le autorità stanno facendo il massimo per riportare Cecilia a casa. Ho a cuore prima di tutto che Cecilia torni e quindi ripongo la massima fiducia nel lavoro delle autorità italiane. Eviteremo qualunque tipo di dibattito, interpretazione”. Lo afferma Mario Calabresi, direttore di Chora Media, in un’intervista al Corriere della Sera. “Negli anni ho visto diverse storie di questo tipo – prosegue Calabresi -. Quando ero direttore de La Stampa, il mio giornalista Domenico Quirico è stato rapito in Siria. Una cosa buona dell`Italia è che non lascia mai soli i suoi cittadini. Altri Paesi hanno altre logiche. Io so che l`Italia non lascerà nemmeno Cecilia”. Il problema, sottolinea il direttore di Chora Media, è che ancora non è chiaro per quali reati è stata incarcerata Cecilia Sala:” Otto giorni dopo ancora non lo sappiamo. Siamo in assenza di un`accusa formalizzata e quindi, inizialmente, la speranza era che questa cosa si potesse risolvere in fretta, motivo per cui siamo rimasti una settimana in silenzio”. Dopo la telefonata alla madre, Cecilia “ha sentito il padre e Daniele Raineri, ma anche con loro ha potuto dire ben poco – puntualizza ancora Calabresi -. È riuscita a fa sapere che a Natale le hanno dato del pollo con il riso e due sigarette. Poi ieri, finalmente, è potuta andare a trovarla l`ambasciatrice Paola Amedei che le ha portato dei vestiti, del cibo. Ci ha comunicato che fisicamente sta bene”.
La notizia della detenzione di Cecilia Sala è stata resa nota ieri. E’ stata fermata il 19 dicembre scorso dalle autorità di polizia di Teheran. Su disposizione del Ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, l’Ambasciata e il Consolato d’Italia a Teheran stanno seguendo il caso con la massima attenzione sin dal suo inizio. “In coordinamento con la presidenza del Consiglio, la Farnesina ha lavorato con le autorità iraniane per chiarire la situazione legale di Cecilia Sala e per verificare le condizioni della sua detenzione”, dopo il fermo della giornalista da parte della polizia di Teheran. Ieri, riferisce la Farnesina, l’ambasciatrice d’Italia Paola Amadei ha effettuato una visita consolare per verificare le condizioni e lo stato di detenzione della dottoressa Sala. La famiglia è stata informata dai risultati della visita consolare. In precedenza, rende noto il ministero, la dottoressa Sala aveva avuto la possibilità di effettuare due telefonate con i parenti. In accordo con i genitori della giornalista, la Farnesina invita alla massima discrezione la stampa per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda.
Cecilia Sala è rinchiusa nel carcere di Evin, nella capitale iraniana, in una cella di isolamento. Si tratta della stessa prigione in cui il regime iraniano trattiene i dissidenti arrestati, e in cui ha trascorso 45 giorni anche la “travel blogger” romana Alessia Piperno prima di essere liberata e fare ritorno in Italia. “Siamo molto preoccupati per il fermo in Iran della giornalista Cecilia Sala e seguiamo il caso da vicino e con grande apprensione. Chiediamo da subito al governo, con cui siamo già in contatto, di mettere in campo ogni iniziativa utile a far luce su questa vicenda, chiarezza sui motivi di questo trattenimento e, soprattutto, a riportare Cecilia Sala in Italia quanto prima”. Così ieri segretaria del Pd Elly Schlein.
“Fin dal primo giorno, da quando è arrivata la notizia dell’inaccettabile arresto di Cecilia Sala da parte delle autorità Iraniane, tutto il Governo, in primis il Presidente Giorgia Meloni ed il Ministro Tajani, si è mosso per farla liberare”. Lo ha scritto, sempre ieri, il ministro della Difesa Guido Crosetto su X. “Ogni persona che poteva e può essere utile per ottenere questo obiettivo si è messa al lavoro” ha aggiunto. “Le trattative con l’Iran non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare ma solo con un’azione politica e diplomatica di alto livello. L’Italia lavora incessantemente per liberarla, seguendo ogni strada”.
Cecilia Sala era partita il 12 dicembre da Roma con un regolare visto giornalistico e le tutele di una giornalista in trasferta. Lo ha fatto sapere ieri in una nota la società di produzione di podcast Chora Media, precisando che nella Repubblica islamica – dove è stata arrestata il 19 dicembre – ha fatto una serie di interviste e realizzato tre puntate del suo podcast, Stories. La giornalista “sarebbe dovuta rientrare a Roma il 20 dicembre, ma la mattina del 19, dopo uno scambio di messaggi, il suo telefono è diventato muto”, ha chiarito Chora Media.