Milano, 13 dic. (askanews) – Il direttore delle Entrate Ernesto Maria Ruffini lascia l’incarico. “Il clima è cambiato”, dice in una intervista al Corriere della Sera. “Non scendo in campo, ma rivendico il diritto di parlare”. Ruffini nell’intervista dice di aver visto “mercoledì il ministro Giorgetti per avvertirlo dell’intenzione di rimettere il mandato e consentire così il regolare passaggio di consegne con chi sarà chiamato a succedermi”.
Alla domanda sulle ragioni che stanno dietro le sue dimissioni Ruffini spiega che che è “l’unico modo per rimanere me stesso. Sono un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l’uguaglianza. Ho letto però che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico. La mia unica bussola in questi anni è stata il rispetto per le leggi e per il mandato che mi è stato affidato, perché il senso più profondo dello Stato è questo: essere al di sopra delle parti, servire il bene comune. Quello che è accaduto in questi giorni intorno al mio nome descrive un contesto cambiato rispetto a quando ho assunto questo incarico e anche rispetto a quando ho accettato di rimanere. Ne traggo le conseguenze”. “È stata fatta persino una descrizione caricaturale del ruolo di Direttore dell’Agenzia, come se combattere l’evasione fosse una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi – ha aggiunto – Se le cose stanno così, mi sono detto, che senso ha rimanere? Passo la mano, nessun problema”.
Ruffini nell’intervista al Corriere dice di non aver “mai considerato il mio ruolo come una posizione da occupare, ma come un incarico da svolgere con lealtà, per servire non un partito o una parte politica ma le istituzioni, lo Stato, indipendentemente da chi sia al governo. È questa convinzione generale che pensavo riconosciuta e condivisa che mi ha aiutato a sostenere il peso”. E si toglie qualche sassolino all’indirizzo del governo: “Non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato. Oppure di sentir dire che l’Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore. Ho taciuto sinora, per senso dello Stato. Attenzione però: se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato; tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l’Agenzia. Personalmente ho sempre pensato che a danneggiare i cittadini onesti siano gli evasori”.
Di fronte a chi l’ha indicato come un possibile federatore della sinistra Ruffini replica: “Fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli. Per natura tendo più a credere nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune. Affidarsi a sedicenti salvatori della Patria non è un buon affare”. La politica non è un posto dove sedersi – aggiunge in un passaggio successivo – Anzi, impone di rimanere in piedi e camminare. Ed è fatta da ogni cittadino che crede nel bene comune, nella democrazia, nelle istituzioni”.