Milano, 3 dic. (askanews) – Antonio Montalto è un medico italiano giunto in Armenia dopo il terribile terremoto del 7 dicembre 1988 che uccise 25mila persone e distrusse la città di Spitak. Palermitano, all’epoca lavorava come medico e si occupava di logistica sanitario. Fu nominato coordinatore di un progetto socio-sanitario italiano e capo del progetto nella città epicentro del terremoto. Da allora non se ne è più andato. E’ stato console onorario ed è il fondatore e presidente della Fondazione Family Care, che con i suoi progetti dà lavoro a una cinquantina di persone tra la città di Gyumri e la capitale Yerevan. Ecco la sua testimonianza. “Sono venuto per un progetto di emergenza subito dopo il terremoto – spiega ad Askanews – che aveva come obiettivo la creazione di un piccolo ospedale pediatrico e di un centro sociale a Spitak, che è stato l’epicentro del terremoto e che è a circa 45 chilometri da qui. Gyumri, dove ci troviamo adesso, ha avuto 20.000 morti.
“Abbiamo fatto dei progetti sanitari nel settore materno e infantile, ristrutturando la maggior parte delle maternità regionali nel Karabach e il complesso di ambulatori collegati e le principali maternità dell’Armenia. Cioè è stato possibile – prosegue Montalto – per un supporto molto qualificato da parte da parte del presidente del Policlinico Gemelli di Roma e di alcune altre università ed è stato fattivo, perché ha significato di coinvolgimento delle persone totalmente, non tanto a livello di enunciati e diciamo così di cambiamenti ma di un lavoro fatto gomito a gomito”.
“Noi possiamo dare una mano, ma non possiamo sostituirci – osserva il medico palermitano – Quello che possiamo fare è cercare di dare un contributo di qualità, che significa un cambiamento anche delle nostre vite, un miglioramento delle nostre vite”.
“Noi abbiamo adesso due progetti grandi – prosegue Antonio Montalto – Abbiamo individuato nel turismo integrato un elemento di sviluppo e con quello abbiamo cominciato a sviluppare dei progetti finanziati da noi stessi. Vediamo che però c’è bisogno di andare un po’ più veloce quindi siamo cercando nei progetti che abbiamo in corso – uno nel centro di formazione dell’Artigianato artistico qui a Gyumri, e un altro è la promozione della qualità di vita nei villaggi – che utilizzano la stessa base, cioè l’artigianato e col tempo anche un’agricoltura di qualità, significa avere come obiettivo la qualità di vita delle persone. Quindi è un discorso assolutamente parallelo a quello che è la responsabilità delle istituzioni pubbliche locali ma ovviamente è un aiuto esterno, qualificato ma esterno. Noi ci troviamo qui nel museo della ceramica, abbiamo una scuola di ceramica l’idea è formazione: facilitare un discorso di carità formativa, che è un alto livello di carità, cioè dare la possibilità, alle persone che sanno, di partecipare le loro conoscenze ad altre persone. Nel caso specifico è molto molto bello perché l’Armenia sul piano dell’Artigianato credo che non abbia rivali al mondo”. “E’ un mondo – conclude – è una pepita d’oro fatta da varie componenti in cui noi cerchiamo di essere utili con questo centro e con l’altro centro che è ad Hartashen, vicino Goris”.