Milano, 21 nov. (askanews) – In Italia l’83% dei liberi professionisti è soddisfatto di lavorare in autonomia, scelta che nel 52% dei casi deriva dal desiderio di libertà nella gestione di tempo. In particolare, per i lavoratori della Gen Z, la generazione compresa tra i 18 e i 26 anni, è più accentuata l’idea di non riconoscersi nel lavoro dipendente. In controtendenza rispetto all’immaginario collettivo, quasi un lavoratore su due, il 45%, afferma di non temere la burocrazia italiana, anche se emergono il desiderio di maggiori tutele in particolare per la malattia (36%) e la preoccupazione per tasse, contributi e scadenze (29%). Vorrebbe inoltre più fiducia dagli enti di credito (16%) e gradirebbe supporti per la genitorialità (8%). Sono alcuni dei dati emersi da un sondaggio effettuato da Fiscozen, tech company per la gestione fiscale della partita Iva, su oltre mille liberi professionisti con l’obiettivo di fotografare il livello di soddisfazione rispetto alla propria scelta professionale.
“In Italia ci sono più di 3 milioni di lavoratori con partita Iva. Sappiamo che il racconto stereotipato e spesso negativo non sempre rispecchia la realtà di queste persone, che cercano soprattutto la libertà nel proprio lavoro. Questo significa che nonostante le difficoltà legate a burocrazia, tasse o bisogno di maggiore tutela, sono soprattutto alla ricerca del proprio equilibrio come ci rivela il sondaggio. Vogliono conciliare autonomia, crescita professionale e benessere personale, trovando la formula giusta per realizzarsi appieno” afferma Enrico Mattiazzi, CEO e Co-Founder di Fiscozen.
Sul piano della qualità della vita, il 56% afferma di essere ancora alla ricerca di un equilibrio tra soddisfazioni e difficoltà, mentre il 29% ha già trovato il ritmo giusto e si dichiara contento della propria condizione lavorativa. Solo una minima parte (15%) non è pienamente soddisfatta dello stile di vita da freelance. La motivazione principale per intraprendere questa strada è la ricerca di indipendenza che ispira oltre metà degli intervistati. Altre ragioni includono l’appartenenza ad albi professionali (20%) e la possibilità di guadagnare di più (8%). Il restante 20%, invece, ha aperto partita iva per necessità più che per scelta. L’aspetto più gratificante è la gestione di priorità, tempo e clienti, segnalato dal 49% degli intervistati. Seguono la possibilità di costruire il proprio futuro (14%), la libertà di esprimersi e sperimentare (11%), un guadagno proporzionale alle capacità e al merito (8%), la varietà di progetti e realtà con cui confrontarsi (8%), un aspetto molto apprezzato dai giovani tra i 18 e i 26 anni.
L’irrinunciabile libertà ha tuttavia un prezzo che disturba la serenità dei liberi professionisti. Si tratta di alcune preoccupazioni che, insieme alla pressione fiscale, coinvolgono tutte le fasce di età, i generi e i codici ATECO: riuscire a guadagnare abbastanza (24%); mancanza di tutele (15%); reperire nuovi clienti (14%); eccesso di lavoro finendo per trascurare il resto (9%); accesso al credito (7%). Al Centro e Sud Italia c’è maggiore preoccupazione per tasse, contributi e burocrazia, mentre al Nord, complice un costo della vita mediamente più alto, si teme di non guadagnare abbastanza. Quanto agli aspetti prettamente burocratici, i principali fattori di preoccupazione emersi sono: il rischio di commettere errori e di incappare nelle conseguenti sanzioni (40%), la quantità di tasse e contributi (37%), rimanere aggiornati sulle leggi (9%), stare dietro alle scadenze (7%).
Analizzando le differenze in base al genere, emerge che, sul piano motivazionale, le donne prediligono libertà e creatività, mentre gli uomini preferiscono essere i protagonisti della propria realizzazione. Quanto invece agli aspetti che potrebbero migliorare la serenità e lo stile di vita, i liberi professionisti vorrebbero più semplificazione fiscale, le libere professioniste maggiori tutele per malattia o maternità. Gli uomini, inoltre, aprono la partita Iva motivati dal desiderio di guadagnare di più e perché poco inclini al lavoro da dipendente, mentre le donne perché parte di un albo professionale. Tra le preoccupazioni principali delle libere professioniste spicca il timore di non incassare a sufficienza per una su quattro. Dalla Gen Z ai Baby Boomer. Ambizioni, sfide e soddisfazioni Considerando invece l’età degli intervistati, per gli under 26 della Gen Z scelgono di aprire partita iva perché desiderano maggiore libertà ed è più accentuata l’idea di non riconoscersi nel lavoro dipendente. A preoccupare di più sono l’accesso al credito, gli errori e le sanzioni. I Millennial, di età compresa tra i 27 e i 41, sono spinti e motivati più degli altri dal bisogno di libertà, ma soffrono il rischio di commettere errori e la mancanza di tutele e supporti per la genitorialità. La Generazione X e i baby boomer, con più di 42 anni, diventano liberi professionisti soprattutto perché parte di un albo professionale oppure non per propria scelta. Temono di non trovare nuovi clienti e hanno difficoltà a stare dietro ai cambiamenti delle leggi in materia fiscale. Nel 42,4% dei casi, si dichiarano interessati a maggiori tutele per malattia. “Questi dati mostrano come i lavoratori in partita iva, soprattutto i giovani, scelgano un modello di lavoro che riflette i loro valori e il desiderio di indipendenza. Vediamo svilupparsi sempre di più un approccio flessibile e autentico, che permette di costruire uno stile di vita più soddisfacente e in sintonia con le proprie aspirazioni” conclude Mattiazzi.