Torino, 14 nov. (askanews) – Un grande progetto ispirato a Le Corbusier e portato avanti nei luoghi dove l’architetto ha realizzato le sue visioni abitative, raggiunti con una Fiat 127 Special, ribattezzata Camaleonte, che ogni volta vede i propri colori configurati in maniera diversa. Il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino ospita la mostra “Torino Stop” di Cristian Chironi, che nei giorni di preview ha guidato la sua auto d’artista per le vie del capoluogo piemontese.
“La policromia – ci ha spiegato Chironi durante la performance – è quella di Le Corbusier del 1931: ci sono 43 colori distribuiti per le parti dell’auto e si costruiscono 288 versioni diverse di Fiat 127. Questa di Torino è la 17esima versione, l’auto ha già fatto Magazine Italian Art di New York, Manifesta a Marsiglia, Triennale a Milano, lè stata in Svizzera, ad Arte Fiera, ad ArtVerona. È un progetto che è partito nel 2018 con due anni di pandemia, quindi in tre anni ci sono state 17 versioni che non è male”.
La performance Torino Drive è un elemento del progetto, ma anche un modo di allargare lo spazio della mostra nella project room del museo, e racconta del legame di Chironi con il suo paese natale, Orani e il lavoro dell’artista e scultore Costantino Nivola, che in qualche modo è l’ispiratore della performance e dei viaggi con la 127.
A Chironi, inoltre, il MAUTO ha commissionato una luce d’artista che entrerà a fare parte della collezione pubblica della città di Torino, e lui ha scelto un riferimento alla cultura popolare dell’automobile. “Alle 5 e mezza si accende la luce da artista che resterà permanente. Negli anni 80 c’era Knight Rider, c’era K.I.T.T., c’era Supercar, era questo veicolo che aveva uno scanner davanti ed era pensante, era una macchina che per la prima volta aveva un pensiero, aveva delle emozioni. Quando loro mi hanno chiesto la luce da artista io immediatamente ho immaginato la facciata del museo, l’architettura come un anteriore dell’auto”.
In qualche modo attraverso la mostra e la performance abbiamo avuto la possibilità di guardare e di sentire il fare arte contemporanea “dal finestrino”. Unendo la ricerca concettuale, la pratica radicale e la sensazione di compiere comunque un gesto ordinario e naturale, un’azione di tutti i giorni di cui forse è possibile così avere maggiore consapevolezza.