Per scovare presunti evasori che operano come professionisti del Web vi è una fitta collaborazione tra Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate che si sviluppa con l’esame e la valorizzazione dei dati disponibili, oltre che dall’analisi delle informazioni acquisite attraverso le banche dati e gli applicativi rispettivamente in uso, nonché quelli ottenuti tramite la cooperazione internazionale in materia fiscale. Potranno essere approfondite le posizioni caratterizzate da una forte sproporzione tra i redditi dichiarati, il numero di iscritti o di visualizzazioni sui propri canali web e la disponibilità di beni. Nel caso in cui, dall’analisi preliminare, risultassero delle evidenti incongruenze, sia la Guardia di Finanza che l’agenzia delle Entrate potranno approfondire i controlli e verificare che sia tutto in regola.
Quindi, chiunque voglia svolgere un’attività di influencer in maniera abituale (creator inclusi) deve aprire una partita Iva per poter operare correttamente. La prima questione rilevante è relativa al corretto inquadramento della partita Iva stessa, che potrebbe essere da libero professionista con iscrizione alla Gestione Separata INPS oppure da ditta individuale con iscrizione in Camera di Commercio e assoggettamento alla Gestione INPS Artigiani e Commercianti. L’altra questione rilevante è relativa a quale codice ateco scegliere: per influencer e per i creator non esistono codici puntuali e vengono utilizzati quelli che più si avvicinano per natura alle attività svolte da entrambe le categorie professionali. I più gettonati sono: 73.11.01 “Ideazione di campagne pubblicitarie”; 73.11.02 “Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari”; 74.90.99 “Altre attività professionali nca”; 59.11.00 “Attività di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi”. Va poi individuato il regime fiscale migliore, scegliendo tra il regime forfettario e il regime ordinario. Il primo è indicato per chi inizia da zero e ha un giro di affari inferiore a 85mila euro annui, con semplificazioni come la forfettizzazione dei costi, l’esonero dall’applicazione dell’iva nelle fatture di vendite e un’imposta sostitutiva del 15% (o 5% per i primi 5 anni), non contemplati dal regime ordinario, indicato per chi ha volumi d’affari rilevanti. Infine, poiché di recente tra i content creator figurano persone che sfruttano il proprio corpo per creare contenuti per adulti, è opportuno menzionare per questi soggetti la presenza di una tassa aggiuntiva, la cosiddetta “tassa etica” pari al 25% del reddito prodotto, a prescindere dal regime fiscale adottato.