Roma, 8 nov. (askanews) – Lunedì 11 novembre, in seconda serata su Rai 1, parte la seconda edizione di “XXI Secolo, quando il presente diventa futuro”, il programma della Direzione Approfondimento ideato, condotto e coordinato da Francesco Giorgino, che ogni settimana racconterà quei temi di attualità che sono, più di altri, in grado di restituire l’idea di un Paese impegnato non solo a vivere il presente, ma anche a progettare il proprio futuro. Un racconto che avverrà attraverso interviste faccia a faccia con i protagonisti della politica, dell’economia, della cronaca, degli esteri, dello sport e della cultura, con i reportage sul campo, con la presentazione e l’analisi dei dati per una narrazione della realtà che parta sempre dalle evidenze empiriche.
“Una scommessa vinta”, come ha detto oggi in conferenza stampa il direttore dell’Approfondimento, Paolo Corsini. Un programma che intende “offrire al pubblico una interpretazione diversa di quella che è il talk politico classico. Abbiamo dato vita a un nuovo format, più in sintonia con quella che è l’evoluzione del panorama mediatico. Nel tempo ‘XXI Secolo’ ha consolidato gli ascolti e ha rafforzato la seconda serata di Rai 1”.
“Punto di forza del programma”, ha sottolineato Corsini, “è il garbo e la professionalità che contraddistinguono da sempre il lavoro di Francesco, profondo conoscitore del linguaggio televisivo. Le prossime sfide che abbiamo davanti sono rappresentate dalla multicanalità. A partire da questa nuova edizione ‘XXI Secolo’, infatti, svilupperà i suoi filoni narrativi attraverso più dimensioni: una presenza più marcata all’interno del catalogo di Rai Play, con contenuti originali, e un nuovo podcast”.
Giorgino, nella sua duplice veste di conduttore e direttore dell’Ufficio studi Rai, ha spiegato a sua volta come il racconto della politica in tv cambi “in ragione della necessità, assolutamente urgente e cogente, di adeguare le chiavi interpretative rispetto alla complessità del nostro tempo. Le elezioni americane ci hanno dimostrato quanto siano inadeguate certe chiavi interpretative che il giornalismo ha a disposizione. Perché un po’ per convinzione, un po’ per pregiudizio e preconcetto, in pochi avevano compreso che quello sarebbe stato l’esito elettorale (la vittoria di Trump, ndr.), soprattutto in pochi avrebbero scommesso su quel tipo di risultato dal punto di vista quantitativo oltre che qualitativo. Quindi il messaggio che ci arriva da quest’ultimo episodio, ma ne potremmo citare tantissimi altri è che bisogna essere molto equilibrati, bisogna assumere una postura istituzionale, e noi vogliamo fare un programma che abbia grande rispetto delle istituzioni del nostro Paese, nell’interesse anche della garanzia di una narrazione che sia la più equilibrata possibile, ma soprattutto la più completa e la più in linea con la complessità dell’era post-moderna”.
“Il programma – ha proseguito Giorgino – segue sostanzialmente la stessa struttura narrativa dell’anno scorso ma con alcuni cambiamenti. La scommessa, dal punto di vista del formato e dei linguaggi, è quella di riuscire a contaminare elementi – nella semiotica diremmo ‘significanti’ – capaci di attivare percorsi di significazione della realtà e sulla realtà peculiari, perché si uniscono, si contaminano, si ibridano continuamente tre linguaggi: il primo è il linguaggio della parola, che sarà visibile già attraverso il monologo introduttivo, se volete lo chiamiamo anche editoriale, ma è più semplicemente l’esigenza di dare una suggestione molto forte rispetto a un tema di attualità; il linguaggio del talk, perché recupereremo naturalmente gli spazi del talk, ma con una intonazione molto pacata e finalizzata a far comprendere al massimo la complessità dei temi, a rappresentare bene gli elementi che costituiscono la polarizzazione e la dicotomizzazione dal punto di vista tematico; il linguaggio delle immagini, perché abbiamo una bella squadra di inviati, e poi il linguaggio dei dati, che è stata la scommessa dell’anno scorso e che continueremo, anzi potenzieremo sempre di più perché riteniamo che un approfondimento che voglia fare quello che ho illustrato poco fa deve partire inevitabilmente dalla fattualità, dalla dimensione pragmatica. È quella la bussola che ci deve orientare nella costruzione delle diverse chiavi interpretative, e naturalmente in modo legittimo, e sempre in modo equilibrato e istituzionale, anche nella manifestazione delle diverse opinioni. Quindi tre linguaggi che si contaminano”.
“Quest’anno abbiamo fatto delle variazioni anche dal punto di vista scenografico, e quindi narrativo, perché per esempio l’anno scorso i rappresentanti della politica, dell’economia e delle istituzioni parlavano seduti al tavolo, insieme ad altre persone coinvolte all’esterno con i servizi o con delle interviste; quest’anno invece abbiamo scelto di dare vita a un vero faccia a faccia, con ritmi molto serrati, ma andando ugualmente in profondità. E poi ci sarà una seconda parte dedicata all’approfondimento classico con il talk in studio, ma con il contributo di tanti interventi e servizi, e con i dati che rappresentano un po’ la piattaforma per poter costruire l’interlocuzione con i diversi ospiti”.
“La terza parte – ha concluso Giorgino – è una parte che ci ha dato molta soddisfazione l’anno scorso. Noi l’avevamo chiamata, ‘lo spazio della tisana’, perché è l’intervista fatta al personaggio di spicco del mondo dello spettacolo, del cinema, della cultura, ma con una intonazione molto più colloquiale, se volete persino intimista, perché cerchiamo in quello spazio finale – come se stessimo prendendo una tisana con una persona a cui vogliamo bene e verso cui portiamo rispetto, prima di andare a dormire – di usare appunto un tono intimista per mettere in evidenza più la persona che il personaggio, far conoscere l’artista anche nella dimensione del privato”.