Roma, 6 nov. (askanews) – I media di tutto il mondo oggi riportano in grande evidenza la vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali statunitensi. C’è però un paese in cui di questo non si parla, eppure è uno dei paesi che potrebbe essere più direttamente influenzato dal ritorno di Trump alla Casa bianca e che potrebbe avere delle opportunità dopo gli anni cupi dell’Amministrazione Biden. Si tratta della Corea del Nord del leader supremo Kim Jong Un.
L’agenzia di stampa statale KCNA, il giornale del Partito dei lavoratori Rodong sinmun, non somigliano oggi ai giornali di tutti il mondo, che riportano in prima pagina foto e cronache della vittoria trumpiana. Ma questo silenzio non deve ingannare: a Pyongyang hanno guardato con grande attenzione a quanto accadeva negli Stati uniti. E l’aumento dell’attività missilistica prima delle elezioni, in qualche modo, è stato anche un modo per mandare segnali in previsione di una vittoria di Trump.
Anche quando Trump andò al potere la prima volta, Kim stimolò Washington con varie provocazioni. Non è escluso, quindi, che assuma lo stesso approccio all’inizio del secondo mandato di Trump. Ma – secondo la gran parte degli analisti – il leader nordcoreano potrebbe cercare un nuovo vertice con Trump, anche se la possibilità che possa realizzarsi un qualche accordo sul programma nucleare nordcoreano appare remoto.
Durante il suo primo mandato, Trump ha avuto il primo vertice in assoluto tra un leader statunitense e un leader nordcoreano. Nel 2018 Trump e Kim si videro a Singapore, dove firmarono una dichiarazione d’intenti che, nella retorica, pareva aprire alla possibilità di un accordo, ma nella realtà nascondeva una mancanza di volontà di entrambe le parti di raggiungere un punto comune. Infatti, l’anno seguente, ad Hanoi, i due leader si rividero ma non fecero alcun passo avanti.
Da allora, le relazioni tra Usa e Nordcorea sono state tese. Joe Biden, il successore democratico di Trump, sia tornato al concetto di “pazienza strategica” adottato dall’ex presidente Barack Obama rispetto alla Corea del Nord: cioè una politica di rafforzamento delle alleanze regionali e di continua pressione su Pyongyang, senza dialogo, ma con la prospettiva o di un cedimento o di un regime-change.
Kim, dal canto suo, ha approfittato della trasformazione del quadro geopolitico globale, avvicinandosi in maniera consistente alla Russia di Vladimir Putin, con cui ha firmato a giugno un partenariato rafforzato che prevede anche una clausola di difesa reciproca. Un matrimonio tanto forte che, nelle ultime settimane, gli Usa e la Corea del Sud hanno denunciato l’invio da parte nordcoreana di migliaia di soldati in Russia per essere utilizzati nel conflitto ucraino.
Inoltre, il leader nordcoreano ha fatto iscrivere nel 2023 nella costituzione il fatto che la Corea del Nord è ormai una potenza nucleare e ha chiarito a più riprese che il dato di fatto del possesso dell’arma nucleare per la Nordcorea non è più questione su cui trattare alcunché, si tratta di un dato “irreversibile”.
Secondo l’intelligence sudcoreana, Kim avrebbe già pronto un settimo test nucleare presso il sito di Punggye-ri. E questo potrebbe rientrare in una politica di provocazione per attirare l’attenzione di Trump: l’ultimo test nucleare nordcoreano, il sesto della sua storia, ebbe luogo nel 2017, all’inizio del mandato di Trump.
Dopo il lancio di prova del nuovo missile balistico intercontinentale (ICBM) Hwasong-19 il mese scorso, la Corea del Nord ha confermato che la politica del paese di rafforzamento delle forze nucleari non cambierà, sostenendo di aver raggiunto una “posizione egemonica irreversibile” nello sviluppo di sistemi di consegna di armi nucleari.
Per la prima volta in nove anni, la denuclearizzazione della Corea del Nord è stata omessa come obiettivo condiviso in una dichiarazione congiunta emessa dopo il Security Consultative Meeting del mese scorso tra i capi della difesa della Corea del Sud e degli Stati uniti, un’indicazione che la denuclearizzazione della Corea del Nord potrebbe non essere più considerata realisticamente raggiungibile.
Quindi, Kim potrebbe voler provare con Trump a negoziare il riconoscimento da parte degli Stati uniti della Corea del Nord come stato nucleare e ottenere concessioni per un “disarmo nucleare” piuttosto che la “denuclearizzazione,” che era sul tavolo durante i precedenti vertici.
Trump, a sua volta, se dovesse decidere di rivedere Kim, potrebbe doversi accontentare di un “piccolo accordo” che riduca le minacce dei missili nordcoreani in grado di raggiungere il territorio continentale degli Stati uniti in cambio del riconoscimento della Corea del Nord come stato nucleare, anziché perseguire la denuclearizzazione, ha dichiarato all’agenzia di stampa Yonhap Nam Sung-wook, direttore dell’Istituto per l’unificazione nazionale presso l’Università della Corea.
“Sembra esserci una crescente accettazione della Corea del Nord come detentrice di armi nucleari nella comunità internazionale e nei circoli di potere negli Stati uniti, inclusa la menzione del direttore generale dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, della Corea del Nord come stato nucleare ‘de facto'” ha detto Nam.
Un altro ostacolo a un possibile progresso in un futuro vertice Trump-Kim potrebbe essere la preoccupazione degli Stati uniti per questioni internazionali percepite come più urgenti, come la guerra Russia-Ucraina, il conflitto Gaza-Israele e la crescente rivalità con la Cina, che potrebbe relegare in secondo piano la questione nucleare nordcoreana.