Bruxelles, 10 ott. (askanews) – Nonostante le pressioni della presidenza di turno ungherese del Consiglio Ue, e di 15 paesi (Danimarca, Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Grecia, Italia, Cipro, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Romania e Finlandia) che hanno scritto alla Commissione europea per chiedere “nuove soluzioni per affrontare l’immigrazione irregolare” verso l’Europa, non esiste ancora alcuna proposta formale riguardante i cosiddetti “hub esterni di rimpatrio”, ovvero centri fuori dall’Ue in cui raccogliere i migranti irregolari che non hanno diritto all’asilo nei paesi membri, in attesa che siano rimpatriati nei loro paesi di origine.
Lo ha detto chiaramente, stasera, la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio Giustizia e Affari interni dell’Ue svoltosi oggi a Lussemburgo.
“Questa non è una proposta della Commissione, quindi non sono io a dover rispondere”, ha replicato inizialmente Johansson a una giornalista che chiedeva se nel Consiglio se ne fosse discusso. E a un altro giornalista che ricordava come la stessa Commissione, nel 2018, avesse respinto le ipotesi di “centri di rimpatrio collocati esternamente” all’Unione in cui sbarcare i migranti irregolari soccorsi in mare, la commissaria ha risposto: “Penso che lei stia cercando di fare una cosa grande da una cosa piccola; quindi non c’è alcuna proposta da parte della Commissione in merito, e nemmeno da parte di nessun altro”.
Il premier ungherese, Viktor Orban, parlando a nome della presidenza di turno del Consiglio Ue ieri nella plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, aveva perorato l’ipotesi degli “hub esterni” per i migranti irregolari, in una versione ancora più radicale, molto simile al modello che l’Italia ha proposto con i centri di accoglienza in Albania per “esternalizzare” le procedure d’asilo. Per Orban, non far entrare affatto i “migranti illegali” negli Stati membri, ma raccoglierli in centri fuori dalle frontiere dell’Ue per identificarli e valutare le loro richieste di protezione internazionale sarebbe l’unica soluzione per evitare la situazione attuale, in cui chi non ha diritto all’asilo e dovrebbe essere espulso e rimpatriato rimane invece nel territorio dell’Unione.
Di fronte alle insistenze dei giornalisti in conferenza stampa, la commissaria Johansson ha poi spiegato: “C’è una discussione in corso su come incrementare i rimpatri, e questa è una discussione importante. Abbiamo avuto un dibattito molto interessante su questo – ha riferito – durante il pranzo di oggi” con i ministri dell’Interno dell’Ue.
“È anche previsto nelle linee guida della presidente von der Leyen – ha ricordato Johansson -, che la prossima Commissione prenderà l’iniziativa con una proposta di aumentare i rimpatri. Questo è importante, e questa è una discussione che deve aver luogo. E abbiamo iniziato questo durante la presidenza ungherese, oggi durante il pranzo. Ma – ha precisato – non siamo nella posizione di informare su alcun tipo di discussione dettagliata in questo momento”.
“Penso – ha continuato poi la commissaria – che ciò che vediamo, ciò che abbiamo sperimentato con gli Stati membri è un impegno molto forte per attuare pienamente il Patto sulla migrazione e l’asilo. E la penso allo stesso modo riguardo alla stragrande maggioranza del Parlamento europeo; tutti sono molto fiduciosi su ciò che è stato deciso, ma si rendono conto di quanto ora sia necessario passare all’attuazione”.
“Immagino – ha osservato ancora Johansson – che poche persone si rendano conto di quanto sia grande il Patto, di quanto sia completo, di quante cose affronti. Quindi non sono affatto nervosa riguardo a ipotesi di una sua modifica: il Patto sarà attuato e ci sarà un forte sostegno per la sua completa attuazione”, ha concluso la commissaria.
C’è una proposta legislativa specifica che non è stata adottata nel Patto, ed è stata la riformulazione della direttiva sui rimpatri e questo è il motivo per cui è necessario che la Commissione entrante prenda nuove iniziative nella politica sui rimpatri, perché non ne faceva parte, quindi è naturale e deve essere affrontato.