Tel Aviv, 7 ott. (askanews) – A un anno dal massacro del 7 ottobre, i parenti degli ostaggi israeliani chiedono una sola cosa: il ritorno dei loro cari a casa, rapiti da Hamas durante l’attacco e da 12 mesi ancora nelle mani dei terroristi nonostante la durissima risposta di Israele che dal giorno dopo ha cominciato a bombardare Gaza. Per questo alcuni di loro hanno scelto di ricordare l’anniversario manifestando davanti a casa del primo ministro Netanyahu a cui chiedono di trovare un accordo per un cessate il fuoco e far rientrare sani e salvi gli ostaggi dopo un anno.
“Un anno dopo che i miei genitori sono stati rapiti in pigiama dalla loro casa – dice Shir Siegel – io li immagino venire a casa mia e ci abbracciamo all’infinito, un anno è passato ma in realtà è passato un lungo giorno che sembra un’eternità”
Yuli Ben Ami aspetta il ritorno di suo padre: “Non potrò andare avanti finché non sarà a casa, finché tutti gli ostaggi non saranno a casa. Non riusciamo nemmeno a elaborare quello che abbiamo passato perché siamo nel mezzo del trauma. Stiamo solo aspettando che tornino a casa”.
Doron Zacktzer, parente di un soldato: “Deve tornare a casa. Tutti gli ostaggi, tutti gli altri 100 ostaggi devono farlo, ora. Ed è responsabilità del nostro governo, di Bibi (Benjamin) Netanyahu e di tutti i membri del governo. Dovrebbero concludere l’accordo e riportarli a casa perché è ora. Ci sono ostaggi vivi laggiù. Devono tornare vivi, non morti”.