Milano, 7 ott. (askanews) – Ilan Pappè è uno dei maggiori storici israeliani, noto per avere denunciato nei suoi libri il processo di “pulizia etnica” nei confronti dei palestinesi. Ha recentemente pubblicato il saggio “Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina”, che in Italia esce per Fazi, che fornisce le basi storiche e un’introduzione alla questione, dal 1882 a oggi. E proprio dell’oggi, a un anno dal 7 ottobre, abbiamo parlato con Pappé.
“Ciò che accade – ha spiegato lo storico israeliano ad askanews – va avanti da molto tempo. Qui c’è l’idea di creare uno Stato ebraico in Palestina, contro la volontà dei palestinesi, attraverso l’occupazione, la colonizzazione, la pulizia etnica, l’oppressione, e i palestinesi che resistono a questa realtà. Ogni volta la resistenza è più violenta, più estesa come è successo il 7 ottobre e la reazione israeliana è un tentativo di utilizzare quella resistenza per cercare di ottenere un risultato migliore per il proprio progetto, che è quello di avere quanta più Palestina storica possibile con il minor numero possibile di palestinesi”.
Il libro di Pappè ricostruisce in sintesi la storia del conflitto tra Israele e i Paesi vicini, una storia costellata di guerre calde e di un perenne guerra sotterranea. “Quello che vediamo ora – ha aggiunto il professore – è un governo israeliano che, nonostante la tragedia del 7 ottobre, continua a voler creare un nuovo Medio Oriente. Un Medio Oriente che abbia paura di noi israeliani e nel quale controlliamo meglio la Palestina e con meno palestinesi, quindi più forza e più potere. Il governo israeliano, non sto dicendo il popolo israeliano, ma anche il governo israeliano vuole una guerra, perché crede che una guerra cambierà la realtà a suo vantaggio”.
In questo contesto, secondo lo storico, i Paesi guida dell’Occidente sono sostanzialmente immobili. “Gli Stati Uniti sono un fattore chiave – ha concluso Ilan Pappé – ma un fattore chiave che in realtà non fa nulla. Parla molto, ma non fa altro”.