Roma, 3 ott. (askanews) – Il diabete aumenta di 2-3 volte il rischio di infarto del miocardio. Inoltre il 40 per cento dei pazienti sviluppa una ‘Malattia Renale Cronica’ ma, tra i circa 4 milioni di italiani che ci convivono, solo uno su 10 ne è consapevole. Questi alcuni dei dati che sono stati al centro dell’incontro “Diabete Cuore Reni – Le Connessioni pericolose” che si è tenuto a Roma.
Salvatore A. De Cosmo, presidente Associazione medici diabetologi, spiega: “Il diabete è una malattia che può essere molto seria e molto grave. Tra gli obiettivi del nostro impegno è proprio quello di prevenire le complicanze cardio renali perché organi target della malattia diabetica sono soprattutto il cuore ed il rene. Quando soffre il cuore il rene ne risente e viceversa”.
Serve un approccio olistico, dove non si punta solo al controllo glicemico ma proteggere gli organi bersaglio.
Luca De Nicola, presidente Società italiana di nefrologia, ricorda: “Le cause della malattia renale cronica sono declinabili nelle patologie più diffuse, quindi obesità, ipertensione, diabete e quindi noi dobbiamo distinguere una prevenzione primaria, che è quella basata su stili di vita, sull’approccio dietetico, ridurre il consumo di carboidrati, il peso corporeo, il grasso. Astenersi dal fumo, attività fisica. Questa è la prevenzione primaria”.
Curarsi significa non solo ridurre i valori glicemici ma anche, e soprattutto, proteggere i pazienti dal danno d’organo valutando le connessioni pericolose tra cuore, rene e metabolismo.
“Per quanto riguarda i farmaci. Ci sono farmaci innovativi, come gli inibitori sglt2, sodio glucosio cotrasportatore. Un meccanismo che agisce a livello renale e che ha la capacità non solo di ridurre i livelli di glicemia, ma di prevenire e curare la malattia cardio renale nei nostri pazienti”, aggiunge il professor De Cosmo.
Esami del sangue e delle urine, diagnosi precoce del danno d’organo e utilizzo anticipato di farmaci innovativi sono gli interventi necessari.
Chiara Paglino, direttore medico di Boehringher Ingelheim e Lilly, dice: “Le prospettive di cura sono sostanzialmente quelle di avere un controllo della patologia, ma anche un recupero ed il mantenimento della qualità di vita. Per farlo dobbiamo pensare al paziente nel suo complesso, non alla singola patologia. Il che significa agire sul sistema di malattie che lo può colpire e quindi garantire delle soluzioni che vadano proprio in questa direzione”.