Roma, 2 ott. (askanews) – Un civile scambio di battute senza particolari acuti e qualche gaffe: il dibattito fra i due candidati alla vicepresidenza degli Stati Uniti, il Democratico Tim Walz e il Repubblicano JD Vance, non è certo stato all’altezza – televisivamente parlando – del confronto fra Kamala Harris e Donald Trump.
Il tutto in ossequio alla tradizione che considera il testa a testa fra i vice poco importante nell’ottica della campagna elettorale: e devono averlo pensato anche i due protagonisti, che hanno evitato di attaccarsi a vicenda preferendo dirigere le proprie critiche contro i candidati presidenziali. Tuttavia, il dibattito ha affrontato in modo più ponderato alcune questioni come l’aborto, la sicurezza nelle scuole e soprattutto l’immigrazione: quest’ultimo un argomento in cui Vance si è trovato in difficoltà dal momento che nessun Repubblicano, e tanto meno Trump, ha saputo spiegare in che modo gestire la preannunciata “più grande deportazione della storia”.
In particolare, Vance si è rifiutato di rispondere alla domanda se i figli cittadini statunitensi di genitori non cittadini verrebbero separati. Nel complesso, un confronto senza vincitori né vinti in cui Vance ha potuto far valere la sua maggiore dimestichezza con il mezzo televisivo e una facile oratoria – il punto debole di Walz – ma che difficilmente sposterà gli equilibri della campagna.