Roma, 2 ott. (askanews) – “Alla politica non chiediamo di fare delle discriminazioni, perché le discriminazioni, quelle tra grandi e piccoli operatori, sono il principale problema che affligge il settore dell’autotrasporto. Alla politica chiediamo solamente di tappare le falle che si sono create”. Con queste parole Anna Vita Manigrasso, Presidente Nazionale di ASSOTIR, ha introdotto la ricerca “Analisi economica dell’Autotrasporto italiano degli ultimi dieci anni, basata sui Bilanci delle imprese: Peso, Composizione e Stato di Salute del Settore” dalla quale emerge che il settore si riconferma strategico ma con evidenti squilibri al proprio interno.
La presentazione si è tenuta a Roma alla presenza tra gli altri, dell’on. Salvatore Deidda, Presidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati; dell’on. Andrea Casu, Vicepresidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati; e dell’on. Roberto Traversi, esponente Commissione Trasporti della Camera. A loro in particolare, la Presidente di ASSOTIR ha ribadito i quattro interventi che l’Associazione ritiene necessari: la disciplina della subvezione, per contrastare il fenomeno dell’intermediazione parassitaria; il rispetto dei tempi di pagamento stabiliti dalla legge; il riconoscimento economico dei tempi di attesa al carico e scarico delle merci; la reintroduzione di costi minimi obbligatori.
La ricerca – che si basa sui dati economici e finanziari ricavati dai bilanci degli ultimi 10 anni di oltre 37mila imprese che operano nel settore – è “Una fotografia che rappresenta in maniera reale il pessimo stato in cui versa un settore, quello dell’autotrasporto, che riunisce il 2% di tutte le imprese italiane e rappresenta il 3,4% del Pil” ha detto ancora. Dimostra in maniera inequivocabile che i colossi dei trasporti hanno un ruolo “marginale”, nella maggior parte dei casi fungono da intermediari: raccolgono le commesse e affidano il servizio ai player più piccoli. Nonostante questo, però, sono i soggetti che incassano la fetta più grande degli utili, scaricando i costi – a iniziare da quelli ingenti per la transizione energetica e per la sicurezza stradale – sui soggetti più piccoli.
“Gli operatori del settore sono nell’84% dei casi piccole e medie imprese – ha spiegato il curatore della ricerca, Rosario Faraci, Professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese dell’Università degli Studi di Catania. – I soggetti più piccoli sono quelli che hanno registrato la crescita maggiore in termini di fatturato negli ultimi dieci anni, e anzi maggiori sono le dimensioni dell’impresa e meno sono cresciuti i ricavi. Se si prendono in considerazione gli utili, tuttavia, il trend si inverte, e i grandi player registrano un tasso di crescita che è quasi il doppio di quello del settore. In altre parole, hanno il tasso di redditività più alto rispetto al fatturato. E questa è una prima conferma di quanto sia diffusa la subvenzione”. Un’altra conferma arriva dal grado di integrazione verticale, indice che attesta quante fasi di un processo produttivo un’impresa gestisce in proprio, senza affidarsi a soggetti terzi. “Questo indice – ha sottolineato Faraci, – è nettamente più elevato tra le imprese di piccole dimensioni, perché sono quelle che nei fatti gestiscono il trasporto delle merci”.
“Quella contro la subvenzione è la madre di tutte le battaglie – ha detto Claudio Donati, Segretario Generale di ASSOTIR. – Le 10 maggiori imprese da sole valgono un fatturato di 14 miliardi, ovvero più del 20% dell’intero settore. Eppure dispongono di appena 429 veicoli, perché la quasi totalità dei loro ricavi provengono dalla subvenzione. Con un simile squilibrio, il settore non è in grado di sostenere gli investimenti che sono necessari, a iniziare da quelli della transizione energetica e per la sicurezza stradale. E nel lungo periodo, questo problema danneggerà l’intero Paese, in quanto ridurrà la funzionalità del settore dell’autotrasporto che è oggettivamente strategico per l’economia del Paese”.