Roma, 30 set. (askanews) – L’Intelligenza artificiale sta emergendo come uno strumento fondamentale della medicina, capace di rivoluzionare il modo in cui vengono fornite cure ai pazienti e gestite le attività cliniche. Univadis Medscape Italia, portale di informazione per i professionisti della salute, ha condotto un’indagine sulla percezione dei medici italiani rispetto all’utilizzo di strumenti basati sull’IA intervistando un campione di oltre 1.100 medici, in maggioranza uomini. Dalle risposte emerge un atteggiamento di sostanziale apertura a questa tecnologia insieme a preoccupazioni legate ai possibili impatti etici e professionali.
“Abbiamo il 41% dei medici che si dichiarano entusiasti dell’ingresso dell’Intelligenza artificiale in particolare nella loro professione – dichiara ad askanews Daniela Ovadia, direttrice di Univadis Medscape Italia – quasi altrettanti che sono più timidi ma mediamente positivi e una minoranza che risulta molto preoccupata. Andando a vedere i dati demografici si nota quello che ci si può aspettare ovvero che tra i più perplessi ci sono i medici più avanti negli anni, quelli con più esperienza clinica; i giovani sono più abituati; le donne sono un po’ più timide, hanno delle percentuali leggermente più basse degli uomini tra gli entusiasti”.
Attualmente l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale nella pratica medica è ancora in fase iniziale. Con alcuni ambiti in cui è maggiormente diffusa.
“Per esempio per sintetizzare le cartelle cliniche, per scrivere e questo è l’utilizzo che fanno un po’ tutti di questi strumenti come supporto alla scrittura. E anche molto nella parte di diagnostica strumentale, – prosegue Daniela Ovadia – per esempio radiologia, diagnostica per immagini dove effettivamente anche gli ospedali stanno cominciando ad acquistare dei software basati sull’IA che supportano il radiologo, il medico che guarda i risultati di un esame di imaging a identificare quelle piccole alterazione che magari all’occhio umano, anche per ragioni statistiche, sfuggono. Ancora sono pochi quelli che utilizzano strumento basati sull’IA per avere un primo suggerimento diagnostico oppure per stabilire una terapia, per esempio, in base a linee guida”.
L’indagine, consultabile sul sito di Univadis, è stata condotta anche in altri Paesi europei tra cui Spagna, Portogallo, Francia, Gran Bretagna, Germania e anche negli Stati Uniti. I primi risultati disponibili mettono in luce alcune peculiarità.
“I medici europei sembrano consapevoli del fatto che la proprietà dei dati è un punto importante. Molti auspicano che questi strumenti siano sviluppati a livello governativo e quindi essere sicuri che i dati dei pazienti siano di proprietà pubblica con tutte le norme della privacy e non di una company privata, per esempio. Problemi che per esempio negli Stati Uniti i medici non percepiscono per un diverso rapporto con il sistema sanitario. La Germania per esempio – conclude la direttrice di Univadis Medscape Italia – è uno dei primi Paesi che ha promosso una legge per la gestione di questo tipo di strumento, quindi ci aspettiamo che i medici tedeschi siano particolarmente informati e anche orientati nell’utilizzo”.