Milano, 28 set. (askanews) – Il volume dei crediti deteriorati, uno degli indici dello stato di salute delle economie delle nazioni, sale per le principali banche europee a 373 miliardi di euro, con un incremento di 16 mld generato soprattutto dagli istituti bancari francesi e tedeschi. Cala invece di 5,1 mld di euro in Italia, attestandosi nel primo semestre di quest’anno a 41 miliardi di euro. Lo rileva il Rapporto elaborato dall’Ufficio studi di Banca Ifis e presentato a Cernobbio alla tredicesima edizione dell’Npl Meeting, l’annuale appuntamento dedicato all’industria del settore.
L’alleggerimento dello stock complessivo del credito deteriorato da parte delle banche italiane, per i vertici di Banca Ifis, è una buona notizia per il Paese. Quali sono le ragioni per cui l’Italia è in controtendenza rispetto alla media dei Paesi Ue? “Il grande lavoro fatto dalle banche sicuramente e un’economia che si sta comportando relativamente bene finora – osserva Frederik Geertman, Amministratore Delegato di Banca Ifis – Ovviamente gli ultimissimi dati di produzione industriale indicano che, in particolare in certi settori vediamo un po’ di contrazione della produzione ma questa cosa non pare essersi ancora assolutamente espressa in un problema nei bilanci delle banche italiane e quindi in Italia possiamo solo constatare che c’è una situazione davvero positiva, sia del sistema bancario sia dell’industria del recupero crediti”.
Lo slogan di questa edizione dell’Npl meeting è “Step forward”, passo avanti. Un passo che l’industria Npl intende fare verso un sistema più sostenibile, in modo da favorire la reinclusione finanziaria dei soggetti fragili. Nella pratica, la rete che consente la riscossione del credito nei confronti del debitore, in gergo bancario la collection, dovrà essere in grado ad esempio di rimodulare scadenze e importi. Con lo scopo finale di far riammettere il debitore nel sistema finanziario.
“Recupero sostenibile vuol dire reinclusione finanziaria del debitore, vuol dire un recupero rispettoso delle esigenze del debitore sia in termini di flussi di cassa sia in termini di scadenze”, spiega Simona Arduini, vicepresidente Banca Ifis. “Perché il debitore si trova a volte nell’impossibilità di pagare il debito per una molteplicità di motivi e la pressione da parte della ‘collection’ diventa una causa concatenante per impedire il pagamento. Se invece la collection è rispettosa delle sue esigenze, il debitore sdoganarsi da questa sua condizione e da debitore può diventare cliente perché esce da quella spirale del debito che inevitabilmente poi lo attanaglierebbe”, conclude Arduini.