Milano, 20 set. (askanews) – Si fa sempre più pesante il quadro del settore automotive europeo alle prese con un susseguirsi di allarmi sugli utili delle case auto, l’ultimo quello di Mercedes, e con pesanti perdite in Borsa, dove le quotazioni sono sui minimi, in alcuni casi storici, con perdite rispetto ai picchi dello scorso aprile del 30-50% per i big e di oltre il 20% per l’indice EuroStoxx di settore (-3,5% oggi), il secondo peggiore dopo quello minerario.
Stellantis (-3,4%) viaggia sui valori post fusione Fca-Psa del 2021 poco sopra i 13 euro, Porsche (-5,5%) scambia a 65 euro sotto i livello dell’Ipo del 2022 (84 euro), Volkswagen (-3,4%) è sui minimi storici e grand parte del suo valore è rappresentato dalla partecipazione detenuta in Porsche, mentre Mercedes (-6,8%) ha registrato oggi la peggior flessione negli ultimi 20 mesi.
A pesare il calo delle vendite in Europa e in Cina, da cui dipendono soprattutto i gruppi tedeschi, che devono affrontare una concorrenza sempre più agguerrita dei colossi locali pronti a invadere il Vecchio Continente, e la mobilità elettrica che non decolla e anzi perde terreno a fronte di massicci investimenti.
Il risultato è una forte pressione sui margini sui cui hanno lanciato l’allarme i principali gruppi auto tedeschi: Volkswagen, che sta valutando di chiudere per la prima volta due fabbriche in Germania con migliaia di potenziali esuberi, Bmw, Porsche e Mercedes che ha tagliato le stime di redditività dell’auto per il 2024 dall’11% al 7-8,5% dopo il calo delle vendite in Cina dei modelli premium S-Class e Mayback e un maxi richiamo di oltre 520mila auto per problemi a un sensore di velocità. Il calo delle vendite di auto elettriche ha spinto poi diverse case a rivedere i piani per diventare full electric posticipando le scadenze: l’ultima è stata Volvo, preceduta da altre case come Mercedes e Porsche.
Ora gli occhi sono puntati sull’alto big europeo, Stellantis, alla prese con un crollo delle vendite in Europa (-30% ad agosto con una quota scesa al 14%) e con problemi negli Usa, principale mercato del gruppo, legati al calo delle vendite di Jeep e a un aumento inatteso dello scorte che rischia di aumentare ulteriormente la pressione sui prezzi. Gli effetti si sono visti nei conti semestrali con un utile netto dimezzato a 5,6 miliardi di euro e i timori del mercato sono che il gruppo possa essere il prossimo a rivedere le stime per l’anno, considerando che fra i gruppi auto di volume è quello con i target di margini più alti intorno al 10%.
Oltre ai problemi industriali e di concorrenza, con la decisione finale sui dazi Ue che possono arrivare fino al 50% sulle auto cinesi attesa la prossima settimana, c’è la questione dei nuovi limiti Ue alle emissioni per il 2025 (da 106 a 94 g/km) che potrebbero costare alle case auto 15 miliardi di euro in sanzioni, secondo il presidente Acea, Luca de Meo. E infatti l’Associazione dei costruttori europei ha lanciato un appello affinché la Commissione riveda la scadenza e più in generale la politica di elettrificazione della mobilità con lo stop ai motori termici nel 2035. Linea sostenuta anche dall’Italia con i Ministro Salvini e Urso che al prossimo Consiglio di Competitività Ue a Bruxelles presenteranno la richiesta di posticipare l’entrata in vigore delle stretta sulle emissioni e di anticipare di un anno, al 2025, il “tagliando” di verifica della scadenza per i motori termici. Sul piede di guerra anche i sindacati a partire dall’IG Metal tedesca, mentre la Fiom-Cgil che ha invitato a una mobilitazione internazionale deciderà le prossime mosse martedì in un incontro con le altre sigle sindacali nazionali.