Roma, 19 set. (askanews) – “La visita in Serbia del Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, ha avuto sia un aspetto solenne e pancristiano, sia uno politico-diplomatico. Entrambi questi aspetti della visita dimostrano quanto la Santa Sede attribuisca importanza alla cooperazione con la Serbia, tenendo presente il fitto programma e gli impegni del cardinale Parolin. L’importanza di inviare un messaggio di comprensione, sostegno e necessità di una più ampia unità di tutti coloro che rimangono fermamente fedeli alla loro fede nel Salvatore Gesù Cristo, soprattutto in questi tempi difficili e complessi per tutti i cristiani, è stata evidenziata dal fatto che la messa solenne officiata dal cardinale Parolin ha visto la partecipazione del Patriarca della Chiesa serba, del Presidente della Serbia, del Governo e dei membri del Parlamento”.
Lo ha ricordato in una intervista ad askanews Jovan Palalic, presidente del gruppo per l’amicizia parlamentare Serbia ed Italia e presidente del gruppo per l’amicizia Serbia e Santa Sede e, quindi, responsabile per i rapporti con Italia e Santa Sede, all’indomani della visita nel paese balcanico da parte del vertice della diplomazia vaticana.
“Ciò che conferisce un particolare significato a questa comprensione dell’unità cristiana come elemento cruciale nelle sfide odierne per la nostra civiltà è anche il fatto che il cardinale Parolin parteciperà alla commemorazione dell’anniversario della Pace di Karlowitz, quando le nazioni cristiane europee unite sconfissero l’invasore ottomano, difendendo l’identità cristiana dell’Europa. – ha spiegato Palalic – Il fatto che i nostri antenati siano riusciti a unirsi, consapevoli di ciò che stavano difendendo, può essere oggi una grande ispirazione per tutti noi. Il principe serbo Lazar, che combatté contro l’Impero Ottomano in Kosovo, disse: ‘Non decido se andare in battaglia in base alla grandezza dell’esercito che mi segue, ma in base alla santità che sto difendendo’. Questo era lo stesso spirito di tutti i cristiani d’Europa. Non vi è dubbio che il popolo serbo, che attraverso la sua storia ha collegato l’Europa orientale e occidentale con la sua cultura e i suoi valori, e le due Chiese sorelle, sia oggi riconosciuto come un popolo che, rimanendo fedele alle sue tradizioni e alla fede cristiana, può ancora una volta svolgere tale ruolo in questi tempi di divisioni e conflitti. Oggi la Serbia coltiva particolarmente lo spirito di unità tra le due Chiese cristiane, e questo è certamente riconosciuto anche dalla Santa Sede, che ci ha onorato con una visita a un livello così elevato. Il Segretario di Stato Parolin, come uomo di pace, che ha avviato diverse iniziative per fermare le guerre e le sofferenze, inviando un messaggio dalla sua visita a Belgrado, la città più grande dei Balcani, sottolinea quanto sia essenziale preservare la pace e la pacifica convivenza tra tutte le nazioni balcaniche in questa regione che ha sofferto così tanto alla fine del secolo scorso”.
D. Gli incontri che Parolin ha avuto sono stati rivolti essenzialmente a una posizione di ascolto o c’è una testimonianza di una volontà di procedere in avanti nel rapporto tra Serbia e Santa Sede?
PALALIC – “Gli incontri politici durante la visita del cardinale Parolin in Serbia indicano l’esistenza di un interesse reciproco per migliorare ulteriormente le relazioni e promuovere una maggiore comprensione delle posizioni di entrambe le parti su varie questioni importanti, sia ecclesiastiche che di politica internazionale. Desidero sottolineare che per l’atmosfera favorevole che oggi domina nei rapporti tra la Serbia e la Santa Sede è innanzitutto merito di Papa Francesco, che con le sue posizioni molto chiare su questioni di rilevanza nazionale per la Serbia ha espresso coerenza e principi che sono certamente universali. Quando vi è stato il tentativo di sottrarre proprietà della Chiesa serba e i suoi templi in Montenegro, il Papa ha affermato esattamente ciò che aveva detto riguardo al conflitto ecclesiastico in Ucraina: ‘Non toccate la Chiesa’. Il Papa non ha sostenuto il separatismo del Kosovo, così come non ha appoggiato lo smembramento di altri Stati sovrani in altri contesti. Nel complesso conflitto tra serbi e croati sul ruolo del cardinale Stepinac durante la Seconda Guerra Mondiale nei crimini contro i serbi, il Papa ha istituito una commissione ortodosso-cattolica e ha dichiarato di voler solo la verità. In questo contesto, durante gli incontri, soprattutto con il Presidente Vucic, il cardinale Parolin ha potuto apprendere molto sulle sofferenze attuali dei serbi in Kosovo e sulle persecuzioni a cui sono esposti, mentre una gran parte della comunità internazionale tace su queste vicende. Nel mio incontro con il Segretario di Stato, ho sottolineato invece l’importanza che la Santa Sede, con il suo indiscutibile prestigio, richiamasse l’attenzione della comunità internazionale sull’inaccettabilità che un popolo cristiano europeo viva in un ghetto, venga arrestato e perseguitato per le parole pronunciate e per le critiche espresse, e venga privato dei suoi diritti fondamentali alla vita, con l’intento di costringerlo a lasciare il territorio in cui vive da milleseicento anni. Credo che il cardinale Parolin, come uomo di pace e soprattutto come cristiano e uomo di Chiesa, trasmetterà questi messaggi di disperazione cristiana a coloro che, nel cuore dell’Europa, chiudono gli occhi di fronte a tali avvenimenti”.
D – Quale è, in questo momento, il rapporto tra la diocesi cattolica di Belgrado ed in generale tra la comunità cattolica e il mondo ortodosso, anche alla luce anche di quelli che sono i cambiamenti in atto?
PALALIC – “Come ho già sottolineato, i rapporti tra la Chiesa Ortodossa e la Chiesa Cattolica in Serbia stanno effettivamente sviluppando una dinamica di maggiore comprensione, collaborazione e sostegno. Oltre allo Stato, che attraverso una serie di misure concrete, ma anche creando un’atmosfera generale favorevole nella società, ha portato a quello che potrebbe essere il miglior periodo di relazioni tra ortodossi e cattolici in tutto il secolo di esistenza dell’Arcidiocesi di Belgrado, anche il Patriarca Porfirije, con la sua apertura e la sua precedente esperienza come Metropolita in Croazia, ha contribuito a superare una certa sfiducia e distanza creata dai tragici conflitti del ventesimo secolo. La visione serba della Chiesa Cattolica è stata per lo più limitata dai difficili rapporti con i croati e dalle gravi sofferenze in quei territori”.Roma, 19 set. (askanews) – “Questo quadro di sfiducia e incomprensione – ha quindi concuso Palalic – è stato prima spezzato dalle parole e dalle decisioni di Papa Francesco, che hanno mostrato rispetto verso i serbi, ma anche dalle relazioni quotidiane tra le persone comuni e la vita di tutti i giorni, che hanno lentamente dissipato i traumi e la sfiducia. Ora tutti siamo consapevoli che la vita cristiana e i valori cristiani sono di nuovo minacciati, che ci sono molte sfide serie, a partire dalla famiglia in pericolo fino all’intelligenza artificiale, e che tutti coloro che seguono i padri che difesero saldamente la loro fede al Concilio di Nicea 1700 anni fa, il cui anniversario celebriamo l’anno prossimo, devono essere più vicini per essere più forti”.