Milano, 17 set. (askanews) – Settembre è il mese di sensibilizzazione sui tumori del sangue e AIL – Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma – dal 2021 ha scelto di dedicare delle campagne informative e di servizio per i pazienti e le loro famiglie per raccontare i progressi nella lotta a queste malattie . Oltre che offrire consulenze costruite attorno alle esigenze di chi vive la malattia in prima persona, con anche l’obiettivo di lanciare un messaggio di speranza, che passa dall’ematologia di precisione. Questa è un modo di curare le malattie del sangue mediante trattamenti sempre più personalizzati, costruiti sulle caratteristiche clinico-biologiche della malattia e della persona.
Nel 2022 è stato inaugurato il progetto “Ematologia di Precisione: la ricerca non si ferma mai” che ha approfondito le nuove prospettive di cura per diverse tipologie di leucemia. Nel 2023 il progetto è stato ampliato ed è stato lanciato un focus sui linfomi, un gruppo eterogeneo di malattie che in Italia colpisce ogni anno oltre 10.000 persone, che prosegue anche nel 2024.
“Oggi anche la prima linea di terapia di cura è sicuramente migliorata – ha spiegato il professor Paolo Corradini, presidente SIE e direttore SC di Ematologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. La chemioterapia convenzionale viene coniugata non solo con il rituximab, un anticorpo monoclonale che abbiamo usato per quasi 25 anni, ma anche con il polatuzumab. Abbiamo inoltre disponibili altre due categorie di farmaci. Le cellule CAR-T, somministrate ai pazienti refrattari e che, da pochi mesi, possono essere infuse anche ai pazienti con DBCL in prima ricaduta, anticipando di molto l’utilizzo. E una nuova categoria di anticorpi, gli anticorpi bispecifici, che hanno dato risultati direi straordinari su tanti tipi di linfomi ma anche sul mieloma multiplo”.
I nuovi farmaci biologici hanno drasticamente migliorato la prognosi dei pazienti con linfomi non Hodgkin in generale e indolenti nello specifico, questi ultimi rappresentano circa il 20-25% di tutti i linfomi non Hodgkin. “Le risposte migliori – ha aggiunto il professor Maurizio Martelli dei Dipartimenti di Medicina di Precisione e Traslazionale dell’università La Sapienza di Roma – le registriamo in particolare per i pazienti che ricadono dopo un trattamento di prima linea con la classica immuno-chemio terapia. Prima per questi soggetti non avevamo altra scelta se non provare una seconda immuno-chemioterapia, che non portava a grossi risultati. Oggi, anche in presenza di una e più recidive, che possa essere la seconda, la terza o la quarta, i nuovi farmaci biologici hanno portato a delle risposte importanti con una minore tossicità”.
Particolare attenzione poi è stata posta su un particolare linfoma, quello mantellare. “L’Italia – ha concluso il professor Pier Luigi Zinzani, ordinario di Ematologia dell’Università degli studi di Bologna – ha affrontato rapidamente e in maniera adeguata l’iter che porta all’utilizzo delle CAR-T e ad oggi sono circa 40 i centri abilitati alle infusioni su tutto il territorio nazionale. Da quando abbiamo avuto la possibilità di utilizzare questa terapia cellulare anche nell’ambito del linfoma mantellare, che come tutti voi sapete è un linfoma aggressivo, i risultati sono stati molto importanti e questi hanno facilitato ulteriormente il rapporto fra i centri periferici e il centro abilitato. Grazie all’utilizzo delle CAR-T riusciamo a guarire il 40-45% dei pazienti con linfoma mantellare, risultato che non avremmo raggiunto con la classica terapia convenzionale, cioè trapianto autologo e trapianto allogenico”.
Il punto davvero importante è che la ricerca ha fatto grandi progressi nel trattamento dei linfomi, e questi hanno rivoluzionato le prognosi negli ultimi anni.