Roma, 12 set. (askanews) – Qual’è la differenza tra l’intelligenza umana e quella artificiale? Il tema lo affronta Maurizio Mondani, Head of operations, applications business line di Capgemini, in un articolo su Dimensione Informazione, il mensile di politica, economia e società diretto da Roberto Serrentino.
“Tempi di risposta (e quindi costi) se rimaniamo nel campo dell’intelligenza razionale, mentre non c’è battaglia se parliamo di emotività ed immaginazione. Amore, senso del bello, passione, amicizia, fantasia, ma anche giustizia, verità, coraggio, fiducia sono fuori della portata dell’intelligenza artificiale, almeno per il momento”, scrive Mondani.
Che poi affronta gli aspetti critici dell’IA: “i modelli di IA Generativa sono addestrati con enormi moli di dati e quindi la loro precisione dipende fondamentalmente dalla qualità dei dati stessi. Il tema della precisione, e quindi dell’affidabilità dell’output, è un tema scottante, in quanto non sono resi noti quali dati di input sono stati utilizzati per creare il modello – segnala Mondani-. Altro punto critico delle basi dati per l’addestramento dei modelli è il bias ed il pregiudizio che può derivare da esse. La GenAI non è fatta per distinguere il vero dal falso o per valutare e correggere dati tendenziosi, ed essendo le basi dati create dagli umani, semplicemente addestriamo i modelli ad avere gli stessi bias e pregiudizi amplificati”.
Argomento a parte consiste nei Diritti di Proprietà Intellettuale, “divenuto estremamente rilevante nell’ultimo anno”.
Ancora, “altro elemento critico da tenere in considerazione è quello ambientale. Questa tecnologia è energivora e sebbene non ci sia una misura diretta, si può stimare che le Big Tech stiano consumando quanto un medio stato Europeo per addestrare e gestire i modelli alla base della GenAI. Inoltre il consumo d’acqua per raffreddare i Data Center è enorme, e l’impronta idrica dei modelli di intelligenza artificiale non può più passare inosservata. Si stima infatti che qualche decina di domande effettuate da un utente ad una piattaforma di IA generi un consumo di mezzo litro d’acqua. E le Big Tech hanno consumato nel 2022 oltre 2 miliardi di metri cubi d’acqua per il raffreddamento dei propri DataCenter”.
Se da un lato poi la GenAI è utile nel campo della Cybersecurity, “dall’altro come ogni tecnologia può essere utilizzata in modo fraudolento per commettere Cyber Crimes sempre più sofisticati”.
“Ed arriviamo al punto dolente sul quale tutti si stanno interrogando: la GenAI distruggerà posti di lavoro? Sul tema ci sono pareri contrastanti ma nessuno ha una risposta netta. Sicuramente trasformerà il lavoro di tutti, sicuramente eliminerà per primi i lavori a basso contenuto di intelligenza, dove il suo ingresso sarà più semplice e rapido. Ma non immaginiamoci un cambiamento repentino, poiché gli investimenti necessari per l’introduzione ed il mantenimento di sistemi di Intelligenza Artificiale sono ingenti e presentano comunque complessità anche per le grandi organizzazioni”, prosegue Mondani, che evidenzia ancora come esistano “grandi perplessità relativamente alla questione della concentrazione di potere, poiché queste tecnologie sono in mano a poche multinazionali e l’accesso sarà principalmente disponibile, per questioni di capitale, a relativamente poche aziende in grado di sostenerne gli investimenti necessari. Questo potrebbe essere un elemento scatenante per la contrazione della forza lavoro e forzerebbe i governi a prendere decisioni importanti di fronte alle sfide politiche per gestire la trasformazione”.
“Cci sono voluti 40 anni per rendere l’elettricità accessibile ai più, mentre soli 10 anni agli smartphone per arrivare ad un tasso di copertura del 90%. Entrambe queste tecnologie dovettero costruire le infrastrutture di base per il loro funzionamento. La differenza qui è che l’IA ha l’infrastruttura già disponibile e la sua espansione avverrà quindi in tempi molto più rapidi, presumibilmente dai 3 ai 5 anni. Questo genera una sfida enorme per i governi, se ne vogliamo regolamentare gli sviluppi economici, geopolitici, legali ed etici. In questo senso l’UE dovrà giocare un ruolo cardine per bilanciare i trend globali derivanti dall’Intelligenza Artificiale: investimenti mirati e cospicui al fine di permettere al Vecchio Continente di avere un ruolo attivo, con proprie capacità e con una democratizzazione di tale tecnologia. Per il momento è in dirittura d’arrivo l'”Artificial Intelligence Act”, che dovrebbe entrare in vigore entro quest’anno e rappresenta il primo passo di “legislative framework” a livello Europeo. Ma ancora nulla sul fronte degli investimenti attivi in grado di fronteggiare il predominio tecnologico americano”, conclude Mondani..