Ravenna, 31 ago. (askanews) – Si sono concluse nel porto di Ravenna le operazioni di sbarco dei 170 naufraghi a bordo della Life Support di Emergency, soccorsi in cinque diversi interventi nelle acque internazionali delle zone Sar libica e maltese, nel Mediterraneo Centrale. I 170 naufraghi, di cui 2 donne, 9 minori che viaggiano soli e 2 accompagnati, provengono da Bangladesh, Egitto, Eritrea, Nigeria, Siria, Palestina, Pakistan e Sud Sudan. Paesi segnati da conflitti interni, instabilità politica ed economica, e insicurezza alimentare.
“Questa lunga navigazione verso il ‘porto sicuro’ ha messo duramente alla prova i naufraghi, sia dal punto di vista della salute fisica che mentale”, ha spiegato Miriam Bouteraa, mediatrice culturale a bordo della Life Support, raccontando una delle 170 storie delle persone soccorse. “Una giovane pneumologa siriana ci ha raccontato di aver provato invano a raggiungere l’Europa tramite delle vie sicure e ‘legali’: ha chiesto un visto a diversi stati europei, ma le è sempre stato negato. Per diversi anni ha lavorato come pneumologa in Siria e in Libano, ma con il deteriorarsi delle condizioni politiche ed economiche in entrambi i paesi non è stato più possibile. Non avendo più alcuna prospettiva, ha deciso di attraversare il Mediterraneo passando dalla Libia. Dove non consiglierebbe a nessuno un soggiorno, perché la Libia non è un paese sicuro ed è un luogo dove i diritti umani non vengono rispettati. Ora che è arrivata in Europa sogna di fare il suo lavoro in Germania.”
In tutto sono state 260 le persone soccorse in meno di 24 ore in questa missione, ma durante la navigazione in accordo con le autorità sono stati eseguiti una evacuazione medica urgente per due pazienti in condizioni serie e il trasbordo di altre 88 persone al largo di Lampedusa. Al momento degli interventi di soccorso, i naufraghi si trovavano su piccole imbarcazioni, inadatte ad affrontare la traversata del Mediterraneo e senza dispositivi di sicurezza.
“Vengo da Aleppo, nel nord della Siria, che è stata una regione particolarmente colpita dagli attacchi dell’ISIS nel 2014, quello stesso anno con la mia famiglia ci siamo rifugiati in Libano – dice un naufrago a bordo -. Dopo 9 anni in Libano ho deciso di partire per l’Europa con mio fratello più piccolo. In Libia abbiamo passato un anno terribile: la prima volta che abbiamo provato ad attraversare il Mediterraneo le milizie libiche ci hanno fermato dopo poche ore di navigazione, ci hanno riportati indietro e rinchiusi in prigione dove ci hanno torturato per estorcerci soldi. Nostro padre ci ha messo alcuni mesi per raccogliere i 2 mila dollari a testa necessari per liberarci e siccome le guardie organizzavano anche le partenze per l’Europa, aggiungendo altri soldi è riuscito a garantirci un secondo tentativo di traversata. Ma a condizione che io e mio fratello fossimo su due barche diverse, per aumentare le possibilità che almeno uno dei due arrivasse in Europa. Grazie a voi ce l’ho fatta, ora spero di riuscire a raggiungere mio fratello maggiore in Olanda, ma soprattutto spero che anche mio fratello minore riesca ad approdare in Europa”.