Ravello (Salerno), 26 ago. (askanews) – Ravello vuol dire musica, meta per tutti i più importanti direttori d’orchestra. Perla incastonata in quello che l’Unesco considera “Patrimonio mondiale dell’Umanità” – la Costiera appunto – perché rappresenta “uno straordinario esempio di paesaggio mediterraneo”. Ma è anche un sogno per chi emigrato all’estero desidera tornare. Come ci spiega il direttore generale della Fondazione Ravello (Ravello Festival) Maurizio Pietrantonio la natura stessa della città e della regione Campania storicamente accoglie etnie di ogni parte del mondo integrandole, fondendole. Ma anche italiani, che emigrati all’estero, tornano in Costiera e il famoso concerto dell’alba è come il coronamento di un sogno.
“Ci sono persone che avendo trascorso la gran parte della loro vita, magari all’estero, ma originari di qui, ci scrivono: vogliono tornare, vogliono assistere a questo evento, che li riconcilia con la città, con i loro luoghi di origine e quant’altro”, racconta Pietrantonio.
E per chi crede nella musica e nella bellezza, i sogni si realizzano. “Quest’anno – continua – si è fatto uno sforzo particolare per una serie di situazioni che andavano un po’ in salita per fare il festival, ma la regione Campania ci ha sostenuti come anche in quota parte il Ministero della Cultura. Insomma, alla fine il festival si fa, si fa sempre, la continuità dei 72 anni è quasi una rarità in Italia”. E il Festival “da 72 anni a questa parte è internazionale perché ha accolto artisti, orchestre di ogni provenienza, da ogni latitudine, in una forma molto ecumenica, senza barriere di nessun tipo, ideologico o politico”.
Pietrantonio sottolinea inoltre l’importanza del Ravello Festival per raccontare nel mondo quello che è la nostra cultura, per esercitare una diplomazia culturale italiana su una platea internazionale e un pubblico di intenditori. “Ravello intanto ha una storia centenaria: già il luogo dove abitualmente il festival si svolge, Villa Rufolo, la dice lunga su una grande storia, che è anche centro di interconnessioni di varie culture”.
Una serie di commistioni anche sotto il profilo architettonico per Villa Rufolo, sin dal “suo nascere”. “Ravello nella sua storia ultracentenaria è un luogo di accoglienza internazionale e di rinomanza internazionale: il festival nasce anche su presupposti internazionali, perché nasce dalla presenza di Wagner che viene a Villa Rufolo e dice di riconoscere in una zona della villa il suo giardino di Klingsor”.