Venezia, 17 lug. (askanews) – Uno spettacolo sospeso tra una dimensione di perdita radicale e un’altra di riconoscibilità; un percorso visivo e di messa in scena importante, che osa, che gioca con i generi e con le possibilità del teatro, ma anche che a volte sembra non concedere vie d’uscita al dolore che racconta, perdendo un poco di originalità. “Crisalidi” è l’opera che Ciro Gallorano, vincitore del Biennale College per la regia, ha portato alla Biennale Teatro 2024.
“Ogni volta che inizio un progetto – ha detto Gallorano ad askanews – c’è sempre un’interrogazione di fondo: che valore può aggiungere al teatro e anche al mio percorso di artista. Da quanta interrogazione e da questa ricerca è nato poi questo lavoro ‘Crisalidi’ ed è forse un lavoro anacronistico per i nostri tempi, che sono tempi molto rapidi, nei quali il produrre prende il sopravvento su tante altre cose”.
“Crisalidi” è un lavoro ispirato alla vita, e alla morte prematura, di Francesca Woodman, che diventa in un certo senso simbolo universale della figura dell’artista, della sua grandezza, ma anche dei suoi incubi. Che in uno spettacolo senza parole prendono forme fisiche sorprendenti, spesso accompagnate da una scenografia difficile da dimenticare. Ma al fondo resta il discorso sulle fragilità. “In una società, la nostra, nella quale siamo abituati a mostrare sempre il lato migliore di noi, la parte felice, la parte social, quella di successo – ha aggiunto il regista – in questo lavoro invece vorrei fare emergere le crepe che ci sono in ognuno di noi”.
Nato nel 1988, Gallorano sembra cercare un linguaggio più vasto, più universale, che parte comunque dall’esperienza personale. “Quando faccio un lavoro – ha concluso – metto tanto me stesso, ma non è nulla di egoriferito, è un mettersi a nudo, mettere a nudo le proprie ferite, perché ho la sensazione che il teatro sia rimasto uno dei pochi luoghi veramente sinceri, nel quale la mia crepa, la mia ferita, può essere condivisa da una platea”.
Proprio l’idea di teatro, questa idea di teatro, conferisce a “Crisalidi” una qualità differente, che permette allo spettacolo di non ripiegarsi su se stesso nei momenti in cui rischia di scivolare nella maniera e nella didascalia del dolore, di cui si può fare volentieri a meno.