Milano, 15 lug. (askanews) – Con la morte di Bill Viola si chiude un capitolo della storia dell’arte contemporanea: quello che ha visto la definitiva affermazione delle immagini in movimento come parte integrante del sistema. Con lui il video ha raggiunto lo stesso valore della pittura, della scultura e dell’installazione e noi, che oggi diamo semplicemente per acquisito questo aspetto, in qualche modo lo dobbiamo a Viola.
Le sue opere sono messe in scena di grandi dipinti del passato, oppure riflessioni sul senso del peccato e della morte, tema sempre costante nel suo lavoro. I suoi corpi hanno una forma drammatica, i suoi fuochi ardono veramente, la sua potenza narrativa passa attraverso il mito e lo slow motion, un’accoppiata che genera l’emozione dell’opera e la sua impellente necessità di essere contemporanea.
Definito “il Rembrandt dell’età del video”, Bill Viola era nato a New York nel 1951, da genitori di origine italiana, sembra provenienti dal Varesotto in Lombardia. Come artista è cresciuto nel contesto delle avanguardie americane, ma ha sempre guardato anche alla grande arte rinascimentale, tanto che in molti hanno messo in reazione il suo uso dei corpi a quello fatto da Michelangelo.
Nelle opere di Viola si percepisce certamente il senso del tempo, la densità di una consapevolezza della storia dell’arte, ma anche una semplice passione per la costruzione di un’immagine in vista del suo manifestarsi. I suoi video non solo offrono delle immagini, ma ne raccontano la costruzione, l’idea stessa, mentre noi la osserviamo. C’è una cura, una delicatezza profonda, ma anche la semplice brutalità di trovarsi di fronte a dei Fatti nel Tempo, che svelano la natura sempre mediata di ciò che ci ostiniamo, ingenuamente, a chiamare “realtà”.(Leonardo Merlini)