Taormina, 15 lug. (askanews) – Amos Gitai è uno dei più importanti registi israeliani di cinema e documentari, lucido narratore delle contraddizioni del suo Paese, spesso critico verso chi lo guida, celebre per film come “Eden”, “Terra promessa”, “Ana Arabia”, “Kadosh”, “Kippur”. Al Taormina Film Fest è venuto a presentare il suo ultimo film, “Shikun”, un’allegoria dell’intolleranza e della minaccia di totalitarismo nel suo Paese, girato prima del 7 ottobre ma che lasciava presagire quello che sarebbe poi successo.
“Non posso dire che il film sia stato profetico, ma guardiamo oggi le emergenze, il conformismo, la violenza che tocca tutto il Medio Oriente. Non sappiamo come andrà a finire. Però succede che a volte l’arte coglie le cose prima che avvengano. Ora abbiamo scritto una nuova sceneggiatura per un film, partendo da una lettera che Einstein scrisse a Freud chiedendogli: Perché la gente fa la guerra?”.
ll regista oggi è molto critico verso il governo Netanyahu e spera che finisca la terribile violenza in Medio Oriente.
“Penso che sia una persona pericolosa, anche per il futuro di Israele, che dovrebbe rimanere un Paese aperto, che rispetta i diritti degli altri, non si può credere solo nella forza. Non si risolverà questa situazione con la forza. Alla pace a volte ci si arriva con fatica, capendo anche che se non vai d’accordo non devi uccidere, come è successo in Europa con la Seconda guerra mondiale. Non sappiamo cosa succederà ma la sfida di chi come me fa cinema civile, è di continuare a porre domande”.
Intervista di Emanuele Bigi