Roma, 28 giu. (askanews) – Tra il 1983 e il 2018 gli omicidi riferibili alla criminalità organizzata (solo per questa cifra specifica viene citato l’archivio Istat) sono stati 6.681. Nello stesso periodo i morti sul lavoro sono stati oltre 55.000: una strage silenziosa. Negli ultimi 10 anni la media è stata quasi di 1.200 vittime annue. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Inail, nel solo 2023 a fronte di 585.356 denunce totali 1.041 hanno riguardato infortuni mortali. E’ quanto rileva un’analisi della Uil redatta dallo studio Devitalaw dal titolo “Il lavoro che uccide, la strage impunita”.
Solo nei primi 3 mesi del 2024 sono state presentate già 145.130 denunce di infortunio (+0,38% rispetto al primo trimestre 2023) e sono stati registrati 191 decessi. Il 91,7% dei casi mortali ha riguardato uomini. Quasi la metà dei casi ha riguardato la fascia di lavoratori di 50-64 anni. Per quanto riguarda gli infortuni, nel 2023 è aumentata l’incidenza nella fascia dei lavoratori under 20 con un incremento dell’11,7%: da 73.862 a 82.493 casi.
Elevata è l’incidenza dei casi mortali che hanno riguardato stranieri (oltre il 65% degli infortuni mortali avvenuti in occasione del lavoro nel 2023), considerando ovviamente solo i lavoratori regolari. A livello nazionale e nel complesso delle attività sono aumentati rispetto al 2022 i casi di decessi in occasione del lavoro (+1,1%, da 790 a 799), rispetto a quelli in itinere. Si è registrato un aumento dei casi mortali nel settore agricoltura (+7 decessi) e conto Stato (+ 5decessi) e una lieve diminuzione nel settore industria e servizi (-3 decessi rispetto al 2022). All’interno del settore industria e servizi c’è stato un aumento dei decessi nei comparti costruzioni e commercio, una lieve diminuzione nel comparto trasporti e magazzinaggio, mentre rimane stabile il numero di infortuni mortali nel comparto attività manifatturiere. Nel 2023 i sinistri mortali sono stati maggiori nel Mezzogiorno (Sud e Isole) rispetto a Centro e Nord.