Roma, 20 giu. (askanews) – Nei 10 dei Paesi più colpiti al mondo dall’alternarsi di inondazioni e siccità sempre più frequenti e devastanti, il numero di sfollati è più che raddoppiato nell’ultimo decennio. Solo nel 2023 centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire 8 milioni di volte dalle proprie case per mettersi in salvo.
É l’allarme lanciato oggi da Oxfam, con una nuova analisi diffusa in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. Gli Stati più colpiti l’anno scorso sono stati Somalia, Cina, Filippine, Pakistan, Kenya, Etiopia, India, Brasile, Bangladesh e Malesia, con una crescita esponenziale del numero di persone costrette a lasciare le proprie case anche più volte a causa di disastri climatici: da 3,5 milioni nel 2013 a 7,9 milioni nel 2023, ossia il 120% in più rispetto a 10 anni fa (secondo i dati del Global Internal Displacement Database).
Nello stesso periodo in questi 10 Paesi si assiste alla crescita delle aree colpite da siccità e inondazioni sempre più frequenti, passate da appena 24 nel 2013 a 656 lo scorso anno: la sola Somalia, ad esempio, è stata colpita da 223 diversi eventi metereologici estremi l’anno scorso, mentre 10 anni fa erano stati solo 2; le Filippine 74 volte contro 3; il Brasile 79 contro 4; la Malesia 127 contro 1. Oxfam ha calcolato inoltre che in 5 di questi Paesi, meno preparati ad affrontare l’impatto dei cambiamenti climatici – ossia Bangladesh, Etiopia, Kenya, Pakistan e Somalia – il numero di persone colpite da malnutrizione acuta è quasi triplicato passando da 14 milioni nel 2013 a oltre 55 milioni nel 2023. “Come ci dicono i dati UNHCR nel 2023 abbiamo toccato la cifra record di 120 milioni di rifugiati nel mondo, dovuti prevalentemente ai cambiamenti climatici, che spesso si sommano a guerre e povertà. – ha detto Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia- A subire le conseguenze più tragiche dei cambiamenti climatici sono purtroppo quelle stesse comunità che non ne hanno responsabilità: dalle decine di morti a causa dal caldo torrido in Bangladesh, alle migliaia di persone costrette a fuggire dalle inondazioni in Pakistan. Mentre i Paesi più ricchi, che inquinano di più, continuano a fare troppo poco per sostenerle. I cambiamenti climatici stanno alterando i normali modelli metereologici di fenomeni come El Niño e La Niña, aumentando siccità, inondazioni e cicloni. La conseguenza è la perdita di qualsiasi mezzo di sussistenza soprattutto in Paesi poverissimi e attraversati da conflitti, con milioni di persone che ridotte alla fame e senza fonti d’acqua pulita disponibili, sono costrette a migrazioni continue”. In Somalia ad esempio, il costante aumento delle temperature ha portato negli ultimi anni a siccità sempre più frequenti e prolungate, spesso seguite da inondazioni improvvise e cicloni. Nonostante il Paese sia responsabile di meno dello 0,03% delle emissioni globali di Co2, ha subito danni per miliardi di dollari, a causa dei disastri climatici. Solo le inondazioni dello scorso dicembre, dopo 5 anni di siccità ininterrotta, hanno causato perdite stimate in 230 milioni di dollari, oltre a 1,2 milioni di sfollati e 118 vittime. Una catastrofe che è andata a sommarsi alla guerra e ha moltiplicato gli effetti della crisi economica: il risultato è che oggi metà della popolazione dipende dagli aiuti umanitari per sopravvivere. “Tutti i miei animali sono morti a causa della siccità. Così sono stato costretto a viaggiare per tre giorni assieme ai miei figli, senza acqua e cibo. Alcuni di loro si sono ammalati per questo”, racconta Hassan Mohamed, che oggi è costretto a vivere da sfollato a Baidoa, città a nord-ovest di Mogadiscio. In Bangladesh, cicloni imprevedibili e altri eventi estremi hanno costretto l’anno scorso oltre 1,8 milioni di persone ad abbandonare le proprie case, provocando gravi danni a infrastrutture essenziali, come scuole e mercati. Il Paese però contribuisce appena allo 0,56% delle emissioni globali di CO2. “Abbiamo perso la casa quattro volte a causa dei cicloni e oggi siamo indebitati perché abbiamo dovuto fare un mutuo ricomprarla. Nostro figlio è l’unico a guadagnare, ma fatica a trovare un lavoro nella zona”, raccontano Asgor Kha e Moriom, che vivono nel villaggio di Lebubunia a Satkhira. Senza raccolto né reddito tante famiglie in Bangladesh si sono dovute trasferire, anche più di una volta. Chi non lo ha fatto vive nella costante paura del futuro per i ripetuti disastri subiti. “Sarà possibile porre fine a queste immani sofferenze solo se si affronterà radicalmente l’ingiustizia climatica globale. – conclude Petrelli – I paesi ricchi e più inquinanti devono ridurre le emissioni e onorare gli impegni di finanziamento nei confronti dei paesi più colpiti dalla crisi climatica, in modo che le comunità possano adattarsi e ricostruire la propria vita dopo gli shock climatici. Risarcendo inoltre i danni che hanno contribuito a causare e consentendo così, alle nazioni più povere e colpite di sviluppare sistemi di allerta rapida ed efficace o altre misure di preparazione per mitigare gli effetti del cambiamento climatico”.