FLP: “Serve oltre 1 miliardo di euro in formazione per una pubblica amministrazione smart”
Con l’IA potenzialità enormi: contrasto all'evasione, alle frodi e al lavoro in nero
Giu 19, 2024
Roma, 19 giu. – Per una pubblica amministrazione smart oltre 1 miliardo di euro, ma le risorse stanziate oggi per la formazione di chi lavora nella PA sono appena 150 milioni. Questa la stima che FLP, il sindacato delle pubbliche funzioni e dei lavoratori pubblici, ha presentato durante l’evento Intelligenza artificiale e Pubblica Amministrazione: prospettive ed opportunità, alla presenza, tra gli altri, di Giuseppe Cassano, Professore di Diritto Civile e Diritto di Internet e dell’Intelligenza Artificiale e Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’European School of Economics; Walter Rizzetto, Presidente XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) della Camera dei Deputati; Arturo Scotto, Componente XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) della Camera dei Deputati; Antonio Dorrello, Vicedirettore e Capo Divisione Risorse dell’Agenzia Entrate; Sergio Gianotti, Head of Italy e Public Sector di Amazon e Michele Russo, Customer Success Account Director di Microsoft.
Scenario: i lavoratori PA non sono giovani e sono poco qualificati. Nella PA l’età media è 50,7 anni e solo 4,8% degli impiegati pubblici ha meno di trent’anni. Solo il 40% del totale è laureato, a differenza di Francia, Germania e Regno Unito dove si supera il 50%. Stando così le cose, non stupisce che tra le pubbliche amministrazioni locali, l’88% utilizzi ancora procedure e strumenti analogici e che, in generale, manchino le professionalità digitali. Attualmente esistono profili di tipo informatico “vecchio stampo”, dedicati per lo più alla pura manutenzione degli apparati, o alla prima assistenza, che non superano il 10% del totale e si trovano nell’area degli assistenti e in quella dei funzionari; scarseggiano le professionalità specialistiche, quelle capaci di programmare, ma soprattutto di lavorare in autonomia sulla digitalizzazione dei processi e mancano quasi del tutto le professionalità trasversali, quelle cioè che utilizzano le tecnologie all’interno dei processi lavorativi: gran parte dei procedimenti, infatti, sono ancora cartacei e privi di applicazioni capaci di renderli più semplici e più fruibili da cittadini e imprese.
Nodo formazione. Tra i grandi problemi della pubblica amministrazione, c’è quello della formazione. Essa infatti è stata una delle attività a cui sono stati tagliati più fondi negli ultimi anni: oggi la media di spesa si attesta a 48 euro annui a dipendente e indica che per una larga quota di loro non è prevista alcuna attività di formazione. “Gli investimenti del Pnrr su questo aspetto sono del tutto insufficienti e purtroppo – dice Marco Carlomagno, segretario generale FLP – denotano la mancanza di strategia degli organismi decisori” E continua: “Il saldo tra i fondi stanziati per la formazione – 150 milioni – e quelli che servirebbero è profondamente negativo se pensiamo che per processi formativi del personale efficaci si dovrebbero stanziare almeno 400 euro lordi annui pro-capite, cioè 1 mld e 500 mila euro in totale”.
PA: digitalizzazione e IA. Oggi il livello di digitalizzazione delle amministrazioni è a macchia di leopardo: nelle amministrazioni territoriali conta molto la grandezza della struttura e gli investimenti fatti, in quelle centrali ci sono situazioni di eccellenza come INPS e Agenzia delle Entrate, ma anche situazioni fortemente critiche come quelle di importanti ministeri quali il Ministero dell’Agricoltura, il MEF, oltre a quello della Giustizia dove, nonostante le ingenti risorse stanziate dal PNRR e le migliaia di assunzioni (a termine) dei funzionari addetti all’Ufficio del Processo, fatica ad affermarsi la nuova modalità telematica. Queste differenze non risiedono solo sulla dotazione complessiva dei device, ma anche e soprattutto sui processi lavorativi, sulla loro accessibilità e sul livello dei servizi da remoto. In poche parole: sulla cultura organizzativa. “Per uniformare, digitalizzando, tutta la PA, serve che formazione e digitalizzazione si incontrino e cioè serve eliminare il gap tra i fondi per la digitalizzazione (che ci sono) e quelli per la formazione (che non ci sono)” spiega Carlomagno.
Intelligenza artificiale: la PA è pronta. “La PA nel suo complesso è indietro nella digitalizzazione, ma al suo interno di innovazione e di intelligenza artificiale si parla sempre di più – spiega Carlomagno – Per noi, l’implementazione della digitalizzazione non avrà, almeno nei prossimi anni, alcun riflesso sugli andamenti occupazionali nel lavoro pubblico, ma può, invece, diventare, se previsto nelle attività di formazione, un fattore importante di ripresa dei livelli occupazionali qualificati”. Le opportunità sono tantissime, ad esempio nel campo del contrasto all’evasione e alle frodi, al lavoro nero e agli incidenti sul lavoro, nell’elaborazione di indicatori statistici nel campo della previdenza, così come nella prima informazione e nell’assistenza dedicata.
Cosa fare? “Per far decollare la digitalizzazione, condizione di base per far entrare l’IA nelle PA – dice Carlomagno – è fondamentale che si miscelino professionisti tecnici con informatici, che si creino funzionari capaci di fornire dati e impulsi a programmi anche predittivi. Attualmente, dove esistono, sono in capo a società esterne che in outsourcing svolgono questa funzione. La sfida è quella di riuscire a fare in casa quello che fanno fuori, senza rinunciare all’apporto di partner qualificati ma lavorando a regime per una internalizzazione di questo processo”.