Bari, 15 giu. (askanews) – Dal G7 arriva un “messaggio chiaro” alla Cina sulla necessità che il campo da gioco della concorrenza internazionale sia livellato per tutti mentre l’Italia invita gli stati a dare un via libera politico alla global minimum tax, uno dei temi economici su cui la diplomazia italiana ha insistito nel corso del vertice.
I due messaggi sono stati evidenziati dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel corso della conferenza stampa conclusiva del vertice di Borgo Egnazia. Per quanto riguarda la tassa minima globale, che punta a sottoporre a tassazione i giganti multinazionali che spesso eludono il fisco nei paesi dove generano ricavi, la proposta “è pronta ad essere formulata sul piano tecnico” ha detto Meloni “il G7, l’Ocse ed il G20 su queto tema hanno lavorato”.
Adesso “tocca agli stati esprimere la volontà politica di aderire” ha aggiunto, rimarcando che “quella dell’Italia ovviamente c’è e mi auguro che sia fatta al più presto”. Nel testo della dichiarazione finale del vertice di Borgo Egnazia si sottolinea il “forte impegno politico” dei sette grandi “per un sistema fiscale internazionale più stabile e più giusto, adatto al 21esimo secolo”.
L’impegno è “aprire alla firma la Convenzione multilaterale sul primo pilastro entro la fine di giugno 2024” e arrivare ad “ulteriori progressi nell’attuazione del secondo pilastro”. Il primo pilastro prevede la tassazione dei profitti delle multinazionai nei luoghi dove vengono realizzati, anche se la società ha sede altrove, mentre il secondo pilastro prevede un’aliquota minima comune sulle società.
La premier, che ha annunciato la preparazione di una missione in Cina nelle prossime settimane, è tornata poi sulla questione dei rapporti con Pechino che ha tenuto banco ieri nella sessione sull’Indopacifico.
Meloni ha sottolineato che dal vertice “abbiamo voluto dare un messaggio chiaro, particolarmente alla Cina: siamo aperti al dialogo ma le nostre imprese devono competere ad armi pari. Il mercato può essere libero ma solo se è equo, quindi libero mercato in un quadro di concorrenza leale”.
Il riferimento è al dumping di Pechino sulle auto elettriche che invadono i mercati occidentali potendo contare su sussidi statali che le rendono fortemenete concorrenziali e sullo stretto controllo di Pechino alle esportazioni di materiali critici, cruciali per le produzioni di batterie e di prodotti ad alta tecnologia.
A questo la dichiarazione finale del G7, seguita alle decisioni di Usa ed Ue di imporre dazi sulle auto elettriche cinesi, dedica ampio spazio. Prima di tutto riconoscendo “l’importanza della Cina nel commercio globale” e assicurando che i sette grandi non stanno “cercando di danneggiare” o “di ostacolare il suo sviluppo economico”. Ma dall’altra parte esprimendo “preoccupazioni” per le sue politiche industriali che “stanno portando a ricadute globali e distorsioni del mercato”.
In particolare, il G7 chiede alla Cina “di astenersi dall’adottare misure di controllo delle esportazioni, in particolare di minerali critici” che “potrebbero portare a significativi malfunzionamenti della catena di approvvigionamento globale”. Allo stesso tempo verranno rafforzati “gli sforzi diplomatici e la cooperazione internazionale, anche nel WTO, per incoraggiare pratiche corrette e costruire la resilienza alle forzature economiche”.
In generale, senza citare espressamente la Cina, ma il riferimente è evidente, il documento afferma che i Sette Grandi “continueranno ad adottare le azioni necessarie ed appropriate per proteggere i nostri lavoratori e le nostre imprese da pratiche scorrette, per livellare il campo da gioco e per porre rimedio ai effetti negativi in corso”.