Roma, 5 giu. – Ospite di questa puntata di Askanews EU Verified Series è la vicepresidente del Parlamento Europeo, l’onorevole Pina Picierno del Gruppo Socialist and Democrats. Buongiorno onorevole Picierno, grazie di essere qui con noi oggi.
Buongiorno a voi e grazie a voi.
D. Durante questa legislatura ha ricoperto un ruolo di grande prestigio. Facendo un bilancio di questi cinque anni, quali sono gli obiettivi più significativi raggiunti o di cui è più orgogliosa?
Sicuramente quella di aver lavorato ad un’Europa più vicina più prossima alla vita delle persone seguendo le indicazioni, l’elaborazione politica e l’insegnamento di un grande italiano di un grande europeista che si chiamava David Sassoli. Io non smetto di ricordare che David nei momenti di maggiore difficoltà anche del nostro continente ha reso il Parlamento europeo davvero la casa dei cittadini europei. Ricordiamo, ha aperto persino il Parlamento europeo alle persone più esposte e quelle più in difficoltà durante il Covid. Abbiamo lavorato per rifondare l’Europa, mi viene da dire così, sulla base di un concetto importante che ritroviamo nella dichiarazione di Schumann che è l’idea appunto dell’Europa della solidarietà. L’idea di un’Europa prossima, presente, vicina alle fatiche e alla vita quotidiana delle persone, questa mi pare la cosa più importante, al di là delle direttive, delle cose che abbiamo costruito, e sono tante. Ma l’obiettivo politico più ambizioso che abbiamo realizzato, io credo, sia proprio questo.
D. Lei è stata relatrice ombra sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. Come giudica i risultati ottenuti?
Come dire, il testo finale approvato è assolutamente insufficiente, tant’è che io non l’ho votato. Io avevo proposto un testo molto diverso da quello che è uscito dalla fase finale del Trilogo. Il testo approvato dal Parlamento era un testo progressista che avrebbe cambiato davvero la vita delle donne vittime di violenza. Purtroppo, quello che è uscito fuori dal negoziato interistituzionale, sapete che in Europa non c’è una centralità legislativa del Parlamento, quindi tutto avviene attraverso un negoziato interistituzionale, quindi al confronto anche con i governi nazionali e i governi nazionali nel Consiglio hanno sostanzialmente cassato il lavoro che abbiamo fatto in Parlamento, con tutte le altre relatrici e relatori ombra. Quindi il testo finale è assolutamente per me è insoddisfacente, tanto che non l’ho votato, non ho partecipato alla conferenza stampa finale. Certe volte bisogna saper dire dei no per fare dei passi in avanti per il futuro. E l’impegno che io prendo per la prossima legislatura è proprio quello di ripartire dal testo a cui ho lavorato per tanto tempo per più di due anni in Parlamento per metterle al sicuro al riparo da questa piaga sociale che la violenza di genere.
D. Sulla parità di genere anche c’è ancora molto da lavorare. Qual è la direzione che auspica in questo caso?
Anche in questo caso c’è moltissimo, come lei ricordava, da fare, da lavorare. Abbiamo avuto una legislatura intensa, in cui sono state approvate tante direttive importanti, in cui sono stati fatti dei passi importanti che sono ancora totalmente insufficienti. Però le donne sono 1/2 della popolazione mondiale, hanno diritto e il dovere di essere nei luoghi in cui si decidono le cose in modo paritario. Non è ancora così, finché le donne non saranno presenti in modo paritario, finché non si colmerà questo gap che è un gap che esiste da ogni punto di vista, da un punto di vista persino retributivo, come lei sa. Non solo le donne non sono pagate a parità di condizioni di lavoro allo stesso modo degli uomini, c’è un problema in generale di disuguaglianze che ancora esistono in tutti i settori e in ogni ambito diciamo della vita quotidiana quindi il percorso che abbiamo davanti ancora davvero lungo, ma necessario.
D. In Parlamento attualmente si sta discutendo della possibilità di costituire una Commissione Sant per la salute permanente. Questo evidenzia appunto una crescente attenzione alle tematiche della salute in Europa. Crede che il giusto approccio potrebbe essere quello di fissare delle linee guida basate sull’evidenza scientifica?
Io penso che intanto sia necessario, come dire, istituire questa Commissione perché ce l’ha insegnato anche il Covid. È del tutto incredibile che non ci sia in Europa una Commissione che si occupi appunto, in modo specifico, dei temi legati alla salute. E il Covid ci ha dimostrato quanto questo sia necessario indispensabile. C’è tutto un dibattito scientifico sulla possibilità appunto sull’eventualità di dover doverci attrezzare per combattere in maniera adeguata altre pandemie. Insomma, è chiaro che l’esistenza di una Commissione che si occupi nello specifico di salute è davvero fondamentale. Io credo poi capiremo insieme come come lavorare e lo faremo nella prossima legislatura.
D. Nonostante gli esercizi formali nel chiedere ai cittadini ed esperti opinioni in tema di tabagismo come la Public Consultation relativa al tabacco Product Directive, che lo scorso anno ha ricevuto quasi 18.000 risposte, in maggioranza favorevoli al ruolo che le nuove categorie di prodotti possono svolgere nell’aiutare i fumatori a smettere di fumare, e nonostante la posizione favorevole del Parlamento europea espresso nel recente Ncd Report, la Commissione sembra aver già adottato una posizione preconcetta sui prodotti a rischio ridotto. Lei cosa pensa a riguardo e quale ritiene sarà la posizione che adotterà il prossimo Parlamento europeo sul tema?
Dicevo che è un po’ difficile (mi sentite) prevedere quale sarà la posizione del prossimo Parlamento. Dovremo vedere quello che succede con le elezioni, quali saranno le maggioranze che prevarranno. Quindi non sono in grado ovviamente di prevedere quale sarà la posizione del prossimo Parlamento. Quello che posso dire ad oggi è che bisogna evitare, almeno io mi sono sempre battuta per questo, anche nel corso di questi anni, per evitare posizioni ideologiche. Troppo spesso noi abbiamo registrato, rispetto a questi temi, delle posizioni preconcette e un po’ ideologiche. Io credo che sia necessario, invece, seguire in maniera attenta certamente il dibattito scientifico, ma poi lasciare anche ai cittadini la possibilità di scegliere senza condizionarli nelle loro scelte. Abbiamo avuto per esempio, cito il nutri score: c’è stato un dibattito all’interno del Parlamento europeo, è un tema diverso. Abbiamo avuto un dibattito, per esempio, molto ideologico sul nutri score che era è questo (interruzione) semaforo che viene posto sulle etichette dei prodotti che troviamo nei supermercati per indicarne appunto la salubrità. Ecco io sono sempre attenta all’idea che non si debba condizionare il consumatore, perché altrimenti diventa un condizionamento. Per il nutri score, cito solo a titolo di esempio, erano considerati prodotti salutari le patatine fritte e prodotti diciamo potenzialmente dannosi l’olio d’oliva. Quindi lei capisce benissimo che quando il dibattito diventa un po’ ideologico si rischia poi di non fare un favore ai cittadini consumatori che devono essere informati. Questo è assolutamente necessario per informarli correttamente sui rischi eventuali che si corrono. Ma poi, secondo me, è importante lasciarli liberi di scegliere, non dobbiamo mai, come dire, trasformare le istituzioni in una sorta di Stato etico che si arroga il diritto di decidere per noi. Insomma, siamo in una democrazia liberale, è bene sempre ricordarsene.
D. Cambiando argomento invece abbiamo visto le manifestazioni degli agricoltori ovunque in Europa. Crede che dopo queste proteste le scelte originate dal Green Deal subiranno un rallentamento o proseguiranno con le stesse ambizioni?
Io credo che debbano proseguire con le stesse ambizioni ad una condizione però: vanno sostenute economicamente. Non dobbiamo commettere l’errore di immaginare che le transizioni e gli obiettivi che noi ci siamo posti tutti insieme, attenzione a non cadere nel tranello di qualcuno che indica gli obiettivi del Green Deal come obiettivi posti solo da alcune forze politiche. Sono stati gli obiettivi posti in maniera chiara, determinata anche dalla presidente della Commissione, da tutta la maggioranza (interruzione) che ha gestito in questi anni la Commissione e il Parlamento. Quindi gli obiettivi restano e (interruzione) devono essere ambiziosi. Devono essere sostenuti quindi da un investimento pubblico (interruzione) importante, cioè insomma servono finanziamenti. Il rischio è che si possano chiudere e diventare ostili agli obiettivi delle transizioni che sono invece necessari da raggiungere come ho detto all’inizio.
D. Cambiando argomento invece abbiamo visto le manifestazioni degli agricoltori ovunque in Europa. Crede che dopo queste proteste le scelte originate dal Green Deal subiranno un rallentamento o proseguiranno con le stesse ambizioni?
Come dicevo, gli obiettivi della transizione debbono rimanere assolutamente immutati perché sono necessari. Realizzare gli obiettivi del Green Deal e della transizione ecologica è fondamentale e non possono essere messi in discussione quei traguardi, quegli obiettivi, quei target che noi ci siamo posti tutti quanti insieme attraverso una maggioranza composita e articolata. Ma la stessa Presidente della Commissione ha più volte ribadito la necessità di raggiungere questi obiettivi, quindi, insomma, c’è una consapevolezza di tutte le forze europeiste che è necessario realizzare quei target. Il punto qual è, è che noi dobbiamo provare a realizzare quei target aggiungendo a quell’obiettivo la possibilità e la consapevolezza che serve un finanziamento. Non possono essere i cittadini a pagare il prezzo delle transizioni, perché altrimenti questo produce una inevitabile chiusura dei cittadini verso gli obiettivi che vengono loro posti. Se, invece, le transizioni diventano una sfida comune, una sfida collettiva e anche un’occasione come dire collettiva di realizzare quei cambiamenti necessari che debbono essere sostenuti economicamente, io credo che saranno realizzati in maniera efficace e in maniera anche più rapida.
D. Recentemente lei ha fatto un appello al voto a studentesse e studenti quali sono le istanze dei giovani europei che le stanno più a cuore a cui l’Unione europea dovrebbe dare priorità?
Io penso che i giovani europei siano sicuramente la parte più, come dire, genuinamente (interruzione) europeista, della NATO (?) e come dire il fatto di sentirsi italiani, ma pure europei nello stesso tempo. Quindi sono particolarmente sensibili a tutte le scommesse, le sfide che pone la nostra unione politica. Io dico a loro di essere vigili, di essere attivi, di partecipare. Perché il voto è lo strumento più prezioso che noi abbiamo per indirizzare le scelte del presente e del futuro. Non ce ne sono altre, non ci sono strumenti altrettanto potenti anche per difendere le nostre democrazie in un momento in cui le democrazie sono anche sfidate da regimi illiberali. Quindi dico ai giovani andate a votare, partecipate, non lasciate che siano altri a decidere per il vostro futuro. E determinate le scelte che, come dire, riguardano la vostra vita nel presente nel futuro.
L’intervista è finita. Ringraziamo la vicepresidente del Parlamento europeo, l’onorevole Pina Picierno per il tempo e il contributo che ci ha dedicato grazie.
Grazie a voi.