Intervista con Pizzarotti – askanews.it

Intervista con Pizzarotti

Giu 3, 2024
Roma, 3 giu. – Buongiorno ospite di questa puntata di Askanews è Federico Pizzarotti, cadidato di Renew Europe con Azione di Carlo Calenda. Ringraziamo il dottor Pizzarotti per essere qui con noi oggi.

Buongiorno a tutti, ringrazio voi ma anche solo una breve presentazione. Sono Federico Pizzarotti, sindaco di Parma per dieci anni, oggi come dire impegnato in questa sfida europea perché penso che dalle città bisogna passare all’Europa.

D.⁠ Lei è candidato nella lista Nord-Orientale con “Azione” di Carlo Calenda, cosa apprezza dell’operato della passata legislatura e cosa invece ritiene che possa essere cambiato in Europa?

Ma allora la passata legislatura è stata una legislatura abbastanza atipica e anzi, aggiungo spero non si ripresenti perché a cavallo tra pandemia, guerre e altro, direi che è difficile valutarla come una legislatura normale. Era iniziata col Next Generation EU che comunque aveva dato una prospettiva positiva a livello di percezione anche dell’Europa oltre quello degli obiettivi, cioè di dare finanziamenti forse far sentire l’Europa quantomeno quello che diciamo in Italia, non io, ma diciamo la vox populi media della politica, “l’Europa ci toglie e non ci dà”, invece è un bellissimo segnale, secondo me, di dare una direzione, dare un programma condiviso e dare anche delle risorse. Poi arrivata la pandemia, poi è arrivato è arrivata la guerra. È ovvio che la correzione in corso, il PNRR, è sicuramente stata ed è un’opportunità che bisognerà capire se riusciremo a sfruttare, ma questo è un tema molto più italiano che non europeo. Cosa però manca? Magari lo riprenderemo dopo, ma qual è l’auspicio in generale: sicuramente quello di rendere l’Europa come istituzione, un luogo che abbia più efficacia e per questo serve sicuramente cambiare delle regole per cui, insomma, la prossima legislatura avrei veramente l’auspicio che sia per lavorare a questo. Cioè togliere il diritto di veto ai Paesi per dare il modo di avere delle maggioranze qualificate e non permettere a un singolo Paese di porre dei blocchi per quanto riguarda poi le decisioni rispetto a tutti gli altri Paesi. Soprattutto in vista di possibili allargamenti ad altri Paesi, la situazione è già complessa così, se arrivassimo a 35 è evidente che sarebbe ancora più complessa, sia nell’organizzazione dei commissari e delle deleghe, chiamiamole così, sia nella votazione, nell’efficacia e nella tempestività sulle politiche. Quindi la prospettiva è quella di, anche se è in corso già, una proposta di revisione dei trattati, che immaginando comunque una grande presenza di partiti nazionali e nazionalisti di centrodestra e di destra è difficile che si vada in quella direzione. Però è l’unica direzione che vedo possibile per avere un’Europa più competitiva, più coesa a livello internazionale. Noi dobbiamo competere come continente con la Cina o con altri Paesi. Pensare o avere una logica miope del proprio singolo interesse in realtà va a ledere gli interessi di tutti.

D. Se sarà eletto di quali Commissioni vorrebbe essere membro?

Allora diciamo gli obiettivi su cui stavo ponendo l’accento e l’attenzione sono sicuramente quello dell’agricoltura, quello dell’ambiente e della sicurezza alimentare. A Parma c’è l’EFSA, quindi c’è proprio la sede della Food Authority e quindi l’importanza anche di avere un contatto diretto è sicuramente facilitata. E la politica estera, in chiave non solamente come dire dinamiche degli altri Paesi, ma visto che non c’è una Commissione delega specifica, c’è tutto un tema per me di costruzione di rapporti tra l’Europa e le città, perché alla fine i grandi cambiamenti, ma anche i piccoli, che l’Europa vorrebbe apportare in meglio passano dalle dinamiche delle piccole e grandi città, in termini di trasporti, efficienza energetica, relazioni tra i Paesi, tra le persone, passa inevitabilmente tra i rapporti per le città. E quindi penso dovrebbe essere anche più valorizzata di quanto non sia stata in passato. Però diciamo le deleghe principali sicuramente: agricoltura, Green Deal, sia ambiente che Energia, perché sono due facce della stessa medaglia. Se volessimo dare una definizione insomma che darei io in un contesto come questo è: per l’ambiente in realtà manca una politica per la compensazione climatica, cioè noi abbiamo già degli effetti che si ripercuotono sui nostri territori a livello europeo in termini di alluvioni frane, dissesto idrogeologico in generale che devono essere compensate e poi c’è una parte per ridurre e attenuare il cambiamento climatico, ma sugli effetti che abbiamo già dobbiamo intervenire tanto quanto sul prevenire nuovi e peggiori effetti e quindi il tema delle emissioni.

D. Toccando alcuni temi caldi, l’agricoltura sarà una delle priorità. La Commissione sarà chiamata a rispondere alle problematiche di tanti cittadini e agricoltori. Lei cosa pensa a riguardo? Si occuperà del tema?

Allora in realtà siccome le priorità sono un mix tra in realtà anche altre Commissioni, cioè oggi la risposta rispetto al mondo dell’agricoltura e alle sue proteste, sicuramente in piccola parte anche strumentali, perché come in ogni protesta c’è una componente anche politica rispetto a chi è in maggioranza in quel momento, però prendendo tutto in buona fede, ovvio che l’Europa da tantissimi finanziamenti, è uno dei capitoli maggiori di investimento quello dell’agricoltura, quindi non possiamo dire che non ci sia l’attenzione a questo segmento. Però evidentemente non basta, quindi la risposta stiamo già facendo abbastanza dovete adeguarvi, io penso che non sia sufficiente. Io penso che il reale problema sia prima di tutto la composizione e distribuzione dei fondi che vanno a premiare in gran parte le grandi aggregazioni grandi allevamenti più o meno intensivi, piuttosto che grandi appezzamenti terrieri, che hanno ovviamente grandi diversità a livello geomorfologico europeo, i Paesi sono molto diversi, alcuni hanno vantaggi, altri hanno svantaggi. Ma il fattore che oggi penalizza di più penso che sia la catena del valore e della distribuzione della rendita. Quindi noi abbiamo produttori che per il singolo prodotto materia prima guadagnano sempre meno e consumatori che spendono sempre di più. È evidente che da qualche parte questo guadagno viene spalmato, e viene spalmato soprattutto sulla catena del come dire della vendita nei vari passaggi e nella grande distribuzione. Serve una distribuzione più equa ed è per questo che è un tema anche soprattutto fiscale ed economico su tutta la catena, perché è evidente che chi produce la materia prima deve avere un guadagno non solo che gli permetta di vivere ma anche di investire. Che è quello che noi gli stiamo chiedendo in termini di riduzione delle emissioni, rotazione dei suoli, nuove tecnologie, efficienza nell’utilizzo dell’acqua. Per fare questo servono possibilità che derivano in parte da fondi, ma che non saranno mai sufficienti per tutto, dall’altra ad avere un guadagno maggiore rispetto al prodotto fondamentale che nasce dall’agricoltura.

D. Nonostante i dati incoraggianti della relazione sullo Stato dell’Unione Energetica 2023, una delle sfide più importanti dell’Unione è proprio quella energetica. In che modo crede che l’Unione debba accelerare verso l’energia da fonti rinnovabili?

Allora siccome ci sono due elementi due assi portanti di un ragionamento prospettico. Uno è, anche qui, ragionare come può essere un po’ la proposta dell’esercito unico, anche qui, ragionare in termini energetici in un modo complessivo, perché è evidente che ci sono mix energetici dovuti a diversi investimenti dei vari Paesi negli anni, che secondo me non possono essere lasciati a un ragionamento di singolo Paese. Il cambio prima della crisi prima della guerra in Ucraina, quindi prima della crisi energetica, della Germania di dismettere le centrali nucleari li ha poi messi in difficoltà e ha dovuto fare riaccendere le centrali a carbone che non hanno sicuramente aiutato il mix energetico e le emissioni climatiche. Quindi, anche qui, è una decisione di un singolo paese, visto che comunque gli effetti di qualsiasi genere si ripercuotono su tutto il continente, sia per quanto riguarda i prezzi dell’energia, sia per quanto riguarda le emissioni stesse, o va fatto un ragionamento più trasversale di continente? Ecco io penso che serva spostarsi progressivamente in questa direzione. E questo è il filone di cambiare l’approccio al problema energetico. L’altro è sicuramente quello del dove investire. Uno dei primi obiettivi è sicuramente spegnere le centrali a carbone e non riaccenderle in tutta Europa. Per fare questo dobbiamo tornare a guardare in faccia, questo vale soprattutto per l’Italia, devo dire, più che su altri Paesi, a guardare in faccia il mix energetico nucleare, energie rinnovabili su cui bisogna continuare ad investire in ricerca, perché oggi il problema dell’efficienza e del fatto che siano intermittenti, cioè è evidente che il sole non c’è di notte e che il vento non c’è sempre, dipende dalle zone geografiche, quindi in realtà penso che sia il mix la cosa migliore, tecnologie legate al moto ad esempio delle onde. Cioè ci sono tanti fattori di come dire di di di di forze naturali che possiamo sfruttare su cui ancora dobbiamo investire. Ma senza dimenticare una fonte continua, che può essere insomma continua, e che tanti Paesi in in Europa comunque hanno sempre utilizzato che è l’energia nucleare. Cosa che in Italia abbiamo bandito da tanti anni, poi diventando dipendenti da altri Paesi. Quindi io penso che sia il mix energetico che bisogna affrontare in un modo pragmatico soprattutto anche guardando al reale ciclo della vita della produzione energetica. Questo vale ovviamente anche per i trasporti, cioè non è che il pannello solare una volta che finisce il suo ciclo di vita, il pannello fotovoltaico, come dire non è un materiale che va smaltito e va o recuperato. E quindi, anche qui, ulteriore ricerca. E questo vale anche, ovviamente, per le per le scorie nucleari, che però sono in proporzione molto minori rispetto poi all’energia che hanno prodotto. Quindi serve un guardare in faccia tutto il ciclo di vita della produzione dell’energia, anche compreso lo smaltimento, per, come dire, superare un po’ quello che è stato sicuramente lo shock di Chernobyl gli anni 80, voglio dire arrivati al 2024 forse dobbiamo saperlo superare e guardare in faccia un mix energetico che sia veramente utile.

D. In merito invece all’approccio un po’ ideologico che ha caratterizzato l’operato della Commissione, in particolare il modo in cui è stato poi concepito il Green Deal, secondo lei ci sarà la possibilità di ridiscutere obiettivi e scadenze? E in particolare sull’auto di rivedere i limiti alle emissioni e lo stop alla produzione di motori termici dal 2035?

Allora io spero non tanto per il calcolo e il margine sulle emissioni, ma sulle tempistiche. Io ho fatto la campagna elettorale con un’auto elettrica e l’ho fatto più per i benefici diciamo legati alla possibilità di entrare nei centri storici e i parcheggi, cioè la facilità di spostamento nelle varie nei vari centri storici nelle varie città. Ma farò prima o poi una cronistoria del: passo più tempo a ragionare su quando devo caricare, visto che, come dire, è un mezzo pesante e quando penso che vogliono fare i camion elettrici, mi viene solo da sorridere. Devo sperare di trovare una colonnina almeno sopra i 50 kilowatt, se no, come dire, è più il tempo che passo a caricare che quello che passo a spostarmi. Quindi inviterei tanti che magari non l’hanno fatto a fare questa esperienza per capire quanto serva né demonizzare, ma continuare a investire in ricerca in batterie, in efficienza, questo non c’è dubbio. Ma anche come la rete di ricarica infrastrutturale oggi ha dei grandi limiti. E se pensassimo, perché mi sono interessato anche al tema trasporti legato alle motrici, cioè i camion che, per i limiti attuali, al 2050 potrebbero essere solamente elettrici. E un camion da 500 kilowatt, per dare delle misure, che va ricaricato, o c’è una colonnina da un megawatt o, come dire, non è più efficiente spostare le merci. Allora c’è un tema, anche qui, sicuramente di mix, in cui non mi addentro. Ma per venire alla domanda sulle emissioni, sulle elettriche oggi, in Italia, se noi dessimo degli incentivi per sostituire il parco auto vecchio da euro 2 a euro 6, avremmo un beneficio di emissioni molto maggiore rispetto a quello di mettere 1.000.000 di auto elettriche, che già un numero molto grande in termini economici e di persone che devono comprarle. Quindi, anche qui, serve accompagnare, perché nessuno nega gli effetti delle emissioni e la necessità di limitarle, ma è tutto fatto da un mix. Cioè per chi abita in città, il problema non è sostituire l’auto, ma è non utilizzare l’auto e utilizzare i mezzi pubblici, che siano metropolitana, autobus o bicicletta. Cioè serve un cambio delle abitudini, che non è la sostituzione tra la macchina come dire a combustione alla macchina elettrica, che comunque, intasa le città e l’elettricità comunque la dobbiamo produrre.

D. Molti saranno anche i temi oggetto di attenzione legati alla salute, come dovrebbe rapportarsi l’Unione con questo settore così delicato?

Esatto, manca anche su questo, vista l’importanza del tema, come dire, quello che oggi può fare l’Unione Europea senza avere le deleghe, chiamiamole così, per poter operare, perché il fatto che ci ha insegnato che in realtà avere delle potenzialità a livello europeo è un grande vantaggio. Ma finché non adegueremo le possibilità della Commissione dovremo ragionare per linee guida. Quindi l’auspicio è quello che sulle politiche poi che verranno sviluppate nei singoli Paesi, l’Unione europea possa stabilire delle linee guida che tengano conto ovviamente di tutte le criticità e delle particolarità dei diversi Paesi, per dare delle linee guida comuni. Oggi sull’approccio alla sussidiarietà in sanità continuo a essere orgoglioso del nostro, vedendo poi le difficoltà, di quello che fa l’Italia in termini di assistenza, a differenza di altri Paesi. Ma anche qui, se vogliamo ragionare da continente, dobbiamo avere delle linee guida che possano accompagnare tutti i Paesi in una stessa direzione. Ci sono delle malattie e delle sintomatologie emergenti, penso al post pandemia legato alla salute mentale, all’approccio anche delle giovani generazioni a questo tema. Sicuramente ci sono filoni che si possono sviluppare in un modo meno ideologico e più pragmatico a livello trasversale.

D. In merito invece alle conseguenze che alcuni prodotti hanno sulla salute, penso al vino, al tabacco, la Commissione europea si è dimostrata particolarmente severa su alcuni prodotti. Lei condivide queste questo approccio o ne sostiene, anche in questo caso, uno meno dogmatico?

Ma l’approccio dogmatico per me non funziona mai da nessuna parte, dal piccolo comune all’Unione europea, perché prende solamente il punto di vista di alcuni senza tenere presente la complessità e anche la libertà delle persone nell’approccio alla vita di tutti i giorni. Un conto è la materia di informazione, rendere coscienti le persone delle problematicità di consumare o assumere determinate sostanze, proprietà o alimenti. Un conto è vietarle o demonizzarla. Probabilmente se bevessi dieci litri d’acqua al giorno, non so se starei benissimo. Eppure, l’acqua però fa benissimo e non ha niente. Però è sempre la quantità e la frequenza con cui io attuo un mio comportamento. Esempio banale e scherzoso serve per dire che non sempre o solamente un’etichettatura non accompagnata dalla cultura della lettura dell’etichetta stessa, ci può aiutare. Anni fa, insomma, parlavamo tra il l’etichettatura della Coca-Cola rispetto, senza voler fare demonizzazione ma è un dato di fatto, rispetto al latte, dove le proprietà potevano sembrare qualitativamente più positive quelle della Coca Cola rispetto al latte. Ma questo noi possiamo vederlo per il vino piuttosto che per il Parmigiano Reggiano. Sicuramente ha delle proprietà che nascono dal latte, se io mangio tutti i giorni un chilo di parmigiano, ecco, forse magari è un po troppo. Ma questo vale per qualsiasi cosa. Allora il punto è capire e aumentare la cultura. Quindi in tutte le cose, vedete, io penso che una parola una parola del futuro è un mix: il mix delle dei comportamenti, il mix energetico, il mix, come dire, anche di quello che riguarda l’alimentazione, gli usi, i costumi, è quello che ci può aiutare. Avere solamente da una parte e dall’altra l’estremizzazione dei comportamenti, rimane per me sempre qualcosa di negativo.

D. Nello specifico sul tabacco, per esempio, si è discusso anche di introdurre soluzioni alternative nell’ottica dell’approccio legato all’harm reduction. Lei ritiene che potrebbero essere degli strumenti utili per cercare di contenere e limitare gli effetti negativi del tabacco, tenendo fermo l’obiettivo di arrivare a un certo punto a una generazione smoke free?

Ma anche su questo adesso, parla una persona asmatica, che non ha mai fumato niente. Oggi però la tecnologia, l’informazione ci permettono anche qui tipi di utilizzo del tabacco in modo diverso con o senza combustione, c’è chi è affezionato a una forma piuttosto che un’altra. E questo vale per il tabacco come sostanza, sicuramente, come dire, da dipendenza, come altre sostanze. Non è sicuramente un divieto tout court che può aiutare, lo abbiamo visto negli anni dei grandi divieti, vale per l’alcol e valso anche per il tabacco, quando l’importazione, diciamo, in sfregio anche alle regole era anche meno controllata, fatemi citare anche la cannabis, tema affrontato solo in alcuni Paesi dell’Unione europea e non sarà il divieto che, come dire, impedisce alle persone che vogliono utilizzare di trovarla. Quindi per non trovarci anche nel contrabbando o nel sottobanco del tabacco e delle sue derivazioni, insomma serve anche qui utilizzare la tecnologia e la scienza per avere un impatto minore e lasciare la libertà di scelta dando le informazioni corrette. Quindi c’è anche qui un tema culturale prima ancora che di divieti che deve essere fatto sulle persone. Ripeto lo dice una persona non ha mai fumato quindi è un problema che, se vogliamo, non mi tocca, ma che penso che vada affrontato in un modo anche qui pragmatico, non sono i divieti che risolvono le cose.

D. Un’ultima domanda, qual è il ruolo che auspica per Renew nel nuovo Parlamento?

Ma allora io immagino, più che auspico, vedendo un po’ i numeri di quello che uscirà dalle elezioni, che Renew sia, e possa essere, un cuscinetto. Un cuscinetto soprattutto, che avrà un peso tra il nuovo equilibrio del Parlamento europeo, che vedremo, poi magari usciranno particolari sorprese dalle urne, non conosco la geografia esatta degli altri paesi, se ci possono essere sorprese diverse. Ma è evidente che la componente conservatrice avrà un peso molto maggiore del passato. Quindi la scelta di quale governo fare? Non so se ci potrà essere un rinnovato governo, Ursula, chiamato così, non tanto per la Von der Leyen, che non penso che sarà la candidata che possa unire le diverse forze politiche, ma in chiave di una grande maggioranza allargata, magari ancor più allargata. Oppure, vedendo i conti, si vorrà prediligere un’alleanza che sarà con il conservatore Ppe, lasciando fuori il PSE, o che voglia tenersi fuori. Io quello che auspico invece che Renew possa fare da collante per le sue posizioni liberali, ma comunque trasversali, perché in Europa ci sono forze all’interno di Renew che sono moderatamente di sinistra o moderatamente di destra, e quindi che rimangono in tutto l’arco di collegamento parlamentare, diciamo così, e che quindi possa essere un ruolo centrale, con ancor più visibilità. È evidente che spesso, specialmente in Italia, il ruolo dei liberali, dei liberaldemocratici, di Renew e, in generale, devo dire delle famiglie europee è sicuramente minoritario nella scelta delle elezioni. Si ragiona in un’ottica del “voto il mio partito, tanto voto come alle elezioni politiche”. Invece l’ottica dovrebbe essere anche quella di in quale famiglia europea ti vai a posizionare e quali sono le posizioni che la mia famiglia europea, in cui tu ti andrai a posizionare, porterà avanti. Quindi auspico che Renew possa svolgere questo ruolo di collante.

L’intervista è finita, ringraziamo Federico Pizzarotti per essere stato con noi e per il tempo che ci ha dedicato.

Grazie a voi dell’invito, spero di aver risposto in modo esauriente a tutti i quesiti. La sfida europea è sicuramente importante. Grazie.