Milano, 14 mag. (askanews) – Anton Vaino è rimasto a capo dell’amministrazione presidenziale russa e Dmitry Peskov ha mantenuto il suo incarico di addetto stampa presidenziale. Non una rivoluzione di assetto al Cremlino, almeno in apparenza, anche se l’arrivo di due assistenti di Vladimir Putin rappresenta un passaggio interessante: si tratta dell’ex segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev – che ha appena lasciato il suo precedente incarico all’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu – e del governatore della regione di Tula Alexey Dyumin.
Entrambi erano stati indicati da molti esperti, all’inizio della guerra con l’Ucraina, come i possibili successori di Putin. E il binomio potrebbe ricordare a qualcuno il tandem Sergey Ivanov e Dmitri Medvedev (quando Putin dopo due mandati, era costretto dalla Costituzione a lasciare il Cremlino, scegliendo un delfino e optò poi per Medvedev). Ma i tempi sono decisamente diversi. E anche le figure, emergenti e non.
TEMPI DI GUERRA
Dyumin supervisionerà le questioni del complesso militare-industriale, dello sport e tratterà con il Consiglio di Stato. Quest’ultimo particolare potrebbe indicare una trasformazione che alcuni analisti vedono già nell’aria: il Consiglio di Stato potrebbe diventare il nuovo Politburo nell’era post-Putin. Invece il 72enne Patrushev sarà responsabile delle questioni relative alla costruzione navale – comparto critico dopo la distruzione da parte ucraina di numerosi vascelli russi in battaglia sul Mar Nero – oltre ad altre funzioni, rimanendo una figura pubblica e potendo continuare a rilasciare commenti ai media (ruolo riservato a pochissi, a parte l’abilità quotidiana di Peskov). Va ricordato che Patrushev sostituì Putin alla guida dell’FSB nel 1999 e da allora è considerato nella cerchia ristretta del presidente, nonché uno degli ideologi del conflitto contro l’Ucraina. Il suo movimento ai vertici della politica russa non è chiaro se sia una retrocessione o una manovra diversiva, ma ha visto in contemporanea il figlio di Patrushev, Dmitry – per alcuni un possibile successore di Putin – promosso a vice primo ministro in questi giorni di passaggio, tra il quarto e il quinto mandato presidenziale del presidente.
Altri sostengono che Putin consideri piuttosto Dyumin come il suo delfino. Dyumin è un colonnello generale e ha servito per la sicurezza presidenziale durante il primo e secondo mandato di Putin. Leggenda vuole che abbia salvato la vita del leader da un orso bruno. I media hanno scritto che durante il mandato di Putin come primo ministro, è diventato il suo aiutante personale. Dyumin lo ha negato. Già viceministro della Difesa, è rimasto poi a capo della regione di Tula dal 2016. Per un certo periodo si vociferava che potesse sostituire Shoigu: e invece è toccato all’economista Andrej Belousov.
GLI ALTRI NOMI
E comunque Dyumin e Patrushev non sono gli unici. In totale, Putin ha nominato 10 assistenti. Tra loro ci sono Vladimir Medinsky e Andrey Fursenko, Dmitry Mironov e Yuri Ushakov, Ruslan Edelgeriev, Larisa Brycheva, Dmitry Kalimulin e Dmitry Shalkov. E non solo Vaino è rimasto al suo posto, a capo dell’amministrazione presidenziale: anche i suoi primi vice Alexei Gromov e Sergei Kiriyenko hanno mantenuto i loro incarichi, ulteriore segnale che la linea sulla guerra in Ucraina non cambia ma al massimo si predispone per tempi lunghi. Maxim Oreshkin è stato nominato vice capo dell’amministrazione presidenziale: in precedenza era stato assistente del capo dello stato. Una posizione simile è occupata da Vladimir Ostrovenko, Dmitry Kozak e Magomedsalam Magomedov.
Il capo dello Stato ha inoltre mantenuto i suoi rappresentanti plenipotenziari in tutti i distretti: Igor Shchegolev è rimasto nel Distretto Federale Centrale, Alexander Gutsan nel Distretto Federale Nordoccidentale, Vladimir Ustinov nel Distretto Federale Meridionale, Yuri Chaika nel Caucaso settentrionale, Igor Komarov nel Distretto Federale del Volga Distretto, Vladimir nel distretto federale degli Urali Yakushev, in quello siberiano Anatoly Seryshev.
Anton Kobyakov, Igor Levitin e Valery Fadeev sono diventati consiglieri del presidente. Questa posizione è occupata anche dal capo del comitato per la cultura della Duma di Stato, Elena Yampolskaya. Secondo il decreto presidenziale a Levitin vengono affidati anche i compiti di rappresentante speciale per la cooperazione internazionale nel settore dei trasporti. Sergei Ivanov è rimasto il rappresentante speciale del Capo dello Stato per le questioni ambientali, l’ecologia e i trasporti. Mentre secondo il decreto, la nuova amministrazione non include gli ex consiglieri presidenziali Vladimir Tolstoj e Alexandra Levitskaya.
Artur Muravyov è inviato plenipotenziario del presidente presso il senato o Consiglio della Federazione, Harry Minkh alla Duma di Stato e Alexander Konovalov alla Corte costituzionale.
I cambi e le riconferme sono parte di un percorso previsto dalla Costituzione russa in questi giorni. Il 7 maggio Putin è entrato in carica come presidente della Russia per la quinta volta. Secondo l’art. 83 e le modifiche apportate alla Costituzione nel 2020, il capo dello Stato dopo l’insediamento forma la composizione della sua amministrazione, come anche il blocco diplomazia-difesa-sicurezza del nuovo governo. E tuttavia i recenti arresti del viceministro della Difesa russo Timur Ivanov e quello odierno del capo del quartier generale del personale del ministero della Difesa russo, Yuri Kuznetsov, fanno pensare che il tutto si incroci e coincida con altri forti sommovimenti. Per un cambiamento che Putin evidentemente vuole appena percettibile, ma che si spiega bene con l’arrivo di un ministro della Difesa come Andrej Belousov, l’economista russo che ha saputo predire la crisi del 2008 e che dovrebbe integrare l’economia di guerra con l’economia del Paese. Segnale per molti che la lotta per l’Ucraina non è solo strategia e i tempi di guerra saranno lunghi. (Di Cristina Giuliano)