Kampala (Uganda), 3 mag. (askanews) – Un progetto quinquennale per migliorare le competenze agricole e finanziarie di donne e giovani nello scenario della produzione di caffè in Uganda. Lo hanno lanciato nel 2022 Caffè Borbone e Ofi – Olam Food Ingredients, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei raccolti e sostenere lo sviluppo dei piccoli produttori locali, in un’ottica di sostenibilità produttiva, ambientale e sociale. Siamo stati nei distretti di Bushenyi e Ibanda per farci raccontare come sta sviluppandosi il progetto.
“Abbiamo sviluppato un progetto in Uganda con Olam-Ofi, con cui abbiamo un rapporto pluriennale di trust e di relazione – ha spiegato ad askanews Marco Schiavon, amministratore delegato di Caffè Borbone -. Si chiama Mwanyi, che in lingua locale significa caffè”.
Il progetto si struttura su tre grandi elementi: quello agronomico, per migliorare la produzione e la qualità dei raccolti; quello di cooperazione ed educazione al risparmio e alle pratiche di accesso al credito per le piccole comunità e le donne che posseggono le piantagioni e infine i giovani fino ai 24 anni, ai quali sono dedicati progetti per sviluppare competenze nell’utilizzo della chimica legata alla coltivazione di caffè e nella creazione delle cosiddette “nursery”, dove si coltivano le nuove piante di caffè.
“L’Uganda, forse fra i tanti Paesi dove si fanno iniziative di questo genere – ha aggiunto Schiavon – è uno degli ultimi, nel senso che tante iniziative ci sono in Brasile, moltissime in India, tante in Vietnam: l’Africa in questo senso è un continente un po’ meno prioritario. Ma lo è per noi, quindi abbiamo voluto scegliere l’Uganda come Paese nel quale intervenire”.
L’Uganda è il Paese da dove arriva la qualità di caffè Robusta, di cui è il primo produttore nel continente. Nel complesso la produzione di caffè contribuisce al 2% del PIL nazionale, ma quello che si sta cercando di fare con il progetto Mwanyi riguarda in particolare le donne delle piccole comunità rurali.
“Le donne ora sono diventate sicure dal punto di vista economico – ci ha detto Dorcus una delle formatrici di Ofi specializzate negli aspetti legati al risparmio e ai finanziamenti – hanno entrate stabili, perché possono vendere il loro caffè senza che debbano intervenire gli uomini, che finora avevano controllato la loro vita”.
“Essere una donna che possiede una farm – ha aggiunto una delle donne proprietarie delle piantagioni coinvolte nel progetto – ha cambiato la mia vita: perché mi permette di sostenere mio marito e la famiglia e mandare i figli a scuola, ma anche perché la piantagione adesso appartiene davvero a me”.
La sensazione, arrivando nei villaggi e nelle comunità, è quella di un progetto che, pur con dimensioni relativamente limitate, con mille produttori coinvolti nell’arco dei 5 anni, rappresenta qualcosa di reale e concreto per le persone, con un impatto sociale significativo.
“Oggi – ha concluso Carlo Pesenti, consigliere delegato di Italmobiliare, che controlla il 60% del capitale sociale di Caffè Borbone – si parla di nuovi obiettivi, si parla di catena di forniture, di catena del valore ed è la ragione per cui siamo qui: parliamo di caffè, parliamo di catena di fornitura del caffè, ormai l’impresa responsabile e sostenibile non può dimenticare, non può non valutare con grande attenzione tutta la catena del valore, quindi deve presidiarla, deve capirla, conoscerla e aiutarla a crescere e svilupparsi”.
E nello specifico il valore più forte è quello umano, quello dei diritti e delle opportunità per tutti e per tutte.