Roma, 23 apr. (askanews) – I social media, oltre a ‘catturare’ diversi momenti della quotidianità delle persone – sono oltre 5 miliardi i profili attivi sui social network e 2 ore e 23 minuti al giorno il tempo trascorso mediamente nel 2023 dagli utenti sulle piattaforme – hanno contribuito ad influenzare profondamente anche il linguaggio. Fin dall’avvento dei primi social network, spiega una nota, i termini più popolari come, per esempio, ‘like’ e ‘tag’ su Facebook, si sono rapidamente integrati nel linguaggio quotidiano, tanto che alcune espressioni più recenti come ‘cringe’ e ‘FOMO’ sono state addirittura incluse nell’elenco delle parole dell’Accademia della Crusca, dimostrando l’impatto significativo dei social media sulla lingua, dimostrando l’impatto significativo dei social media sulla lingua.
In occasione dell’anno del ventesimo anniversario di Facebook, Babbel – l’ecosistema leader nell’apprendimento delle lingue – ha raccolto una serie di acronimi e neologismi diventati virali sulle piattaforme social per far riflettere sulla trasformazione delle parole nello scambio tra online e offline.
‘Per riuscire non solo a comprendere le conversazioni sulle varie piattaforme, ma anche a parteciparvi attivamente, occorre conoscere appieno le sfumature di significato che si celano dietro ai termini utilizzati. Le generazioni nativo-digitali, in particolare la Gen Z, hanno reso il confine che separa il vocabolario online da quello offline ancora più labile ed è pertanto essenziale apprendere come comunicano tra di loro i più giovani e le più giovani per riuscire a restare al passo coi tempi’ commenta Sofia Zambelli, linguista e Curriculum Manager di Babbel Live.
Gli acronimi da sapere: l’abbreviazione di frasi in iniziali è da sempre oggetto di interesse. Rapidi e spesso ironici, gli acronimi rendono le conversazioni online informali ed immediate: 1. B.A.E.: utilizzato per esprimere affetto sui social e per definire una persona con cui si è coinvolti romanticamente, le origini di questo termine sono incerte. Se per molti deriva dalla frase inglese ‘before anyone else’ (‘prima di chiunque altro’), questo acronimo sarebbe invece un esempio di ‘backronym’ (‘acronimo inverso’) per cui si risale ad una parola o ad una frase di senso compiuto solo in un secondo momento, per dare così un’interpretazione della sigla. Lo slang ‘B.A.E.’ potrebbe infatti anche essere la versione abbreviata della parola ‘babe’ (‘piccolo/a’), che spiegherebbe in questo modo la rara giustapposizione di ‘ae’. 2. P.O.V.: un fenomeno esploso su internet, i ‘P.O.V’ sono diventati una vera e propria categoria di intrattenimento video. Acronimo di ‘point of view’ ovvero ‘punto di vista’, è un termine preso in prestito dall’industria cinematografica ed indica una specifica tecnica di ripresa impiegata per mostrare una scena attraverso gli occhi di un personaggio specifico. Sui social, invece, si aggiunge ‘P.O.V’ nelle didascalie dei video girati in primo piano che invitano lo spettatore ad immedesimarsi nella situazione raccontata, in genere ispirata ad episodi della vita quotidiana (es. ‘POV: sono l’amica che arriva sempre tardi’). 3. I.Y.K.Y.K: l’abbreviazione ‘i.y.k.y.k.’ significa ‘if you know, you know’ (‘se lo sai, lo sai’) e si utilizza in relazione a immagini, video e altri contenuti per fare riferimento ad una battuta ‘interna’ ad un gruppo ristretto di persone, di solito appartenenti allo stesso ‘fandom’ : solo chi conosce i fatti accaduti in precedenza è infatti in grado di comprendere la battuta! 4. G.O.A.T.: espressione tipica delle conversazioni online incentrate su personaggi celebri e stimati (dal mondo dello sport al cinema e allo spettacolo), sta per ‘greatest of all time’, ‘il più grande di tutti i tempi’: accompagnata spesso dall’emoji di una capra, e viene impiegata per definire una persona talentuosa. G.O.A.T. è un esempio di acrostico, poiché le iniziali della sigla formano un nome comune, in questo caso la parola inglese ‘goat’ (‘capra’).
Gli anglicismi più utilizzati sui social media Lo slang social predilige i vocaboli inglesi, la lingua ‘franca’ di queste piattaforme (molte delle quali sono ‘invenzioni’ del mondo anglosassone). L’introduzione dei seguenti termini è strettamente connessa alla definizione di nuovi fenomeni culturali per cui è difficile trovare delle traduzioni fedeli: 1. It’s giving: questa frase inglese traducibile in italiano con ‘mi sta trasmettendo’ è impiegata per descrivere le ‘vibes’ (quindi tutto ciò che evoca un’atmosfera o un’emozione) trasmesse da oggetti, luoghi o persone. Per esempio, per descrivere qualcuno che ha un look caratterizzato da una prevalenza di colori scuri si potrebbe dire ‘it’s giving rockstar’. Interessante l’origine del termine: proviene infatti dalla comunità ‘ballroom’, una sottocultura del panorama LGBTQIA+ statunitense che prevede la partecipazione a competizioni dette ‘balli’. All’interno di queste gare, i partecipanti sono soliti usare spesso frasi come ‘it’s giving face’ oppure ‘it’s giving body’ per descrivere un concorrente che emana sicurezza e carisma nel corso della performance. 2. Era: il termine il cui utilizzo è cresciuto particolarmente nell’ultimo anno anche grazie al tour mondiale di Taylor Swift (‘The Eras Tour’) potrebbe essere considerato un sinonimo di ‘fase’. Si può utilizzare la parola ‘era’ per etichettare le priorità imposte in un determinato momento della propria vita: per esempio, essere nella propria ‘villain era’ (‘fase cattiva’) vuol dire iniziare a rifiutare le aspettative sociali, oppure entrare in una nuova ‘healing era’ (‘fase di guarigione’) significa cominciare a dedicare del tempo al miglioramento della propria salute mentale. 3. Tea: il termine ‘tè’ è usato per riferirsi a pettegolezzi o informazioni riservate, e di conseguenza, può essere tradotto come ‘verità’. Nelle conversazioni sui social media è spesso inserito nella frase ‘spill the tea’ (‘versare il tè’), in altre parole condividere dettagli succosi o esclusivi in precedenza tenuti segreti. La parola è stata adottata anche dalle celebrità, che la utilizzano spesso quando rivelano informazioni private sulle proprie vite. 4. Dupe: traducibile con la parola ‘inganno’, quello dei ‘dupe’ è ormai diventato a tutti gli effetti un popolarissimo trend social, soprattutto su Instagram e TikTok. Si tratta di un hashtag di tendenza che categorizza video in cui si fanno delle ‘analisi comparative’ fra prodotti di noti brand di lusso (soprattutto del settore abbigliamento e beauty) e prodotti economici che li emulano e che possono essere considerati in apparenza ‘copie’ fedeli degli originali. Di recente, il termine si sta diffondendo anche nel mondo dei viaggi per definire quelle destinazioni più economiche e meno inflazionate che sembrano ‘cloni’ di mete più popolari e costose. 5. Cap e Sus: si dubita sempre più spesso dell’autenticità dei contenuti che circolano sui social media. Come distinguere il vero dal falso? Su TikTok, uno dei metodi utilizzati è proprio uno slang tipico della piattaforma: utilizzare il sostantivo ‘cap’ (‘berretto’) significa avvisare gli utenti che il contenuto è falso, mentre ‘no cap’ (‘niente berretto’) significa che è sincero. Quando invece si questiona la veridicità di un post, si utilizza l’anglicismo ‘sus’, abbreviazione di ‘suspicious’ (‘sospettoso’) o ‘suspect’ (‘sospetto’).
E la Gen Z? Un vocabolario in continuo mutamento da decifrare Cresciuta in un mondo digitale, la Gen Z è senz’altro la generazione che sperimenta di più con il linguaggio online e che non ha paura di impiegare nuovi termini anche come forma di emancipazione socio-culturale: 1. Delulu: uno degli slang che si è diffuso maggiormente negli ultimi anni tra i giovani, ‘delulu’, deriva dall’aggettivo inglese ‘delusional’ (‘delirante’) e descrive una persona con convinzioni o fantasie impossibili da realizzare. Si usa spesso in relazione alle ‘cotte’ romantiche che i fan si prendono per note celebrità, soprattutto appartenenti a giovani gruppi musicali. 2. Mother: il termine ‘mother’ (‘madre’) assume una nuova connotazione nell’era dei social media. Si utilizza questa parola per descrivere donne famose particolarmente stimate ed omaggiate dai propri fan per il successo delle loro carriere artistiche. Chiamare una donna del mondo dello spettacolo (per esempio, Beyoncé e Adele) ‘madre’ è un modo dei fan per esprimere riconoscimento per il loro duro lavoro che hanno svolto per migliorare l’industria di riferimento (per esempio, musicale). Spesso la parola è anche trasformata in verbo ‘to mother’, andando ad accrescere il sostantivo: ‘mother is mothering’ è traducibile come ‘la madre è fenomenale’. 3. Girl Math: il concetto di ‘girl math’ (‘matematica da ragazze’) definisce il modo in cui si calcola il valore di oggetti e servizi seguendo una logica che ‘giustifica’ le spese di denaro, ironizzando sugli stereotipi di genere (un esempio: è ‘matematica da ragazze’ acquistare i biglietti dei concerti mesi prima per percepire il giorno in cui avrà luogo l’evento come se fosse gratuito). 4. Tube Girl Challenge: inventata dalla creator Sabrina Bahsoon, si usa la didascalia ‘tube girl challenge’ (‘sfida delle ragazze in metro’) per indicare i video sui social di tutte quelle ragazze che hanno il coraggio di ballare e cantare in luoghi pubblici, come, per esempio, le metropolitane. Si tratta di un trend pensato per combattere la timidezza e non temere il timore del giudizio degli altri. 5. Strawberry Girl e Clean Girl: queste tipologie di make-up sono diventate delle tendenze estetiche a tutti gli effetti. La ‘strawberry girl’ (‘ragazza fragola’) si distingue per una predominanza di sfumature di rosa e rosso nelle foto e un make-up raffinato e ‘dolce’, con fard cremosi, rossetti luminosi e lentiggini disegnate. La ‘clean girl’ (‘ragazza pulita’) prevede invece un trucco talmente leggero da non essere percepibile, in cui si predilige piuttosto l’attenzione alla skincare personalizzata per il proprio tipo di pelle e giusto un tocco di illuminante per dare un effetto ‘lucido’ naturale. 6. Heather: il nome proprio inglese ‘Heather’ viene utilizzato su TikTok per descrivere una persona altamente desiderabile dal punto di vista sociale. I più giovani fanno risalire questo termine ad una canzone di Conan Gray che ha come protagonista per l’appunto una ‘Heather’.