Roma, 22 apr. (askanews) – Iraq Paese cruciale nella stabilità dell’area mediorientale, dove la Nato gioca un ruolo decisivo. Una presenza che si è rafforzata in seguito al conflitto Israelo-palestinese e anche dopo i recenti attacchi tra Iran e Israele. Il Generale di Divisione Nicola Piasente è Capo di Stato Maggiore della Nato Mission Iraq (NMI), una missione di consulenza e sviluppo delle capacità non di combattimento che assiste l’Iraq nella costruzione di forze armate e istituzioni di sicurezza più sostenibili, trasparenti, inclusive ed efficaci, combattere il terrorismo e prevenire il ritorno dell’Isis.
La missione è stata autorizzata al Summit Nato di Bruxelles nel luglio 2018, a seguito di una richiesta del governo iracheno, e istituita nell’ottobre 2018. In questa intervista ad askanews, il Generale di Divisione Piasente traccia il quadro della situazione in Iraq.
Il recente conflitto israelo-palestinese ha avuto ripercussioni sulla missione della Nato in IRAQ?
La missione della Nato in Iraq ha naturalmente adattato la propria postura, mettendo sempre in priorità la sicurezza del proprio personale e perfezionando piani di contingenza per affrontare eventuali cambi repentini di scenari. Contestualmente, su richiesta delle forze di sicurezza irachene, ha ulteriormente incrementato la propria presenza capillare ed efficace all’interno delle strutture del Ministero della Difesa e del Ministero degli Interni e della Polizia federale in maniera tale da mantenere canali di comunicazione sempre aperti, da incrementare la “Situational awareness” sul territorio ed essere pronta a manifestare la propria vicinanza anche concretamente attraverso l’attività di consulenza sempre più attagliata nei confronti delle forze di sicurezza irachene.
In seguito a nuovi e recenti eventi nell’area mediorientale, si è innalzato il livello di allerta?
L’Alleanza Atlantica segue sempre con attenzione, con professionalità, con scrupolo l’evoluzione della situazione nella regione. La missione della Nato qui in Iraq rientra nei compiti principali dell’Alleanza Atlantica che sono oltre che la difesa e la deterrenza, anche la prevenzione alla gestione delle crisi e la cosiddetta Cooperative Security, cioè la sicurezza attraverso la cooperazione. L’Iraq è un elemento chiave per la stabilità del Medio Oriente e un Iraq stabile ha certamente un’impulso positivo sulla sicurezza del fianco sud dell’Alleanza. In questo c’è una forte determinazione da parte di tutti i Paesi dell’Alleanza e un contributo estremamente apprezzato anche dell’Italia nello stabilire sempre i collegamenti e nel condividere informazioni e nello scambiare esperienze che possano far sì che eventuali crisi possano essere smorzate e tenute sotto controllo fino dalla fase di insorgenza. Come riportato recentemente dal Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg, ‘nessuno trarrà beneficio da un’altra guerra in Medio Oriente. È vitale che il conflitto non vada fuori controllo e che tutte le parti dimostrino moderazione’. Il Segretario Generale si è anche pienamente associato alla recente dichiarazione dei Ministri degli Esteri del G7 che ha invitato tutte le parti ad una de-escalation delle tensioni.
Al Summit di Bruxelles del 2018 la Nato, su specifica richiesta del Governo Iracheno, ha autorizzato la missione in Iraq (NMI). Ci può spiegare quali sono gli obiettivi principali di questa missione e quali sono i risultati concreti sino ad oggi raggiunti?
Gli obiettivi principali della missione della Nato in Iraq sono quelli di costruire istituzioni di sicurezza del governo iracheno efficaci e sostenibili nel tempo. E’ una missione che ha superato cinque anni di esperienza sul campo, è una missione principalmente basata sulle attività di consulenza, di esperti e consulenti che provengono da tutte le nazioni che sono membri dell’Alleanza Atlantica e che sono finalizzate ad aiutare e supportare la nostra controparte irachena nel delineare lo sviluppo delle istituzioni di sicurezza, in particolare del Ministero della Difesa e, dallo scorso mese di agosto, anche del Ministero degli Interni e della Polizia federale.
I principali risultati sono certamente quello di aver costruito una fitta rete di relazioni, di aver consolidato la capillare presenza dei consulenti dell’Alleanza Atlantica all’interno delle istituzioni di sicurezza irachene e di aver raggiunto un livello di intesa e di apprezzamento da parte dei nostri partner che ha fatto sì che la richiesta di supporto stia gradualmente, progressivamente evolvendo in diversi campi, alcuni dei quali piuttosto specifici, altri di importanza strategica e contestualmente dimostrano come il rapporto fra il governo iracheno e l’Alleanza Atlantica sia un rapporto che si sta avviando a un consolidamento importante e dall’altra parte l’apprezzamento dei nostri esperti abbia effettivamente raggiunto i propri obiettivi.
Qual è il contributo italiano alla missione NMI? Ci sono altre truppe italiane sul territorio iracheno e quale è il loro ruolo?
Il contributo italiano nell’ambito dell’Alleanza Atlantica è un contributo qualitativamente molto elevato. È fornito da esperti in ambiti particolarmente delicati quali la difesa cibernetica, la gestione dello spazio aereo, lo sviluppo di modelli efficaci nella gestione delle crisi, il supporto al Ministero degli Interni e alla Polizia Federale. Il contributo che l’Italia dà, anche su specifica richiesta del governo iracheno, riguarda anche team di esperti che vanno a implementare e a supportare le capacità di sviluppo della difesa irachena in campi specifici, come quello dello sviluppo delle forze speciali, ad esempio, oppure c’è anche una componente civile, composta anche da personale nazionale, che lavora sia nelle interazioni con la leadership politica e di governo irachena e non ultimo la nostra ambasciata qui a Bagdad è il punto di contatto per l’Alleanza Atlantica. E’ quindi è un elemento di facilitazione nei rapporti tra la missione della Nato a Bagdad e le diverse rappresentanze diplomatiche presenti nella capitale irachena.
In che modo la missione funge da deterrente contro la ripresa delle attività del gruppo terroristico ISIS in Iraq?
Il miglioramento, la crescita, il consolidamento delle capacità delle forze di sicurezza irachene, è uno sforzo sinergico che vede ovviamente al centro le istituzioni di sicurezza irachene, che viene supportato dalla coalizione internazionale per il contrasto al terrorismo, nella quale l’Italia ha un ruolo qualitativamente molto importante e naturalmente dall’attività di consulenza dell’Alleanza Atlantica che, nello specifico, lavora nel costruire modelli, strategie politiche che facciano sì che la difesa irachena abbia un controllo efficiente ed efficace del territorio, sia rivolta alla costruzione di un modello sostenibile sia dal punto di vista finanziario che dal punto di vista logistico e si concentri anche sullo sviluppo di tutti quei sensori e quegli indicatori che possano in maniera efficace prevenire prima di possibili esplosioni eventuali crisi che possano portare alla rinascita di minacce di tipo terroristica come quella rappresentata dall’Isis.
Generale, lei ha già partecipato ad una missione in Iraq nel 2017-2018 quale Comandante della ‘Praesidium’ Task Force sulla diga di Mosul. A distanza di quasi dieci anni come ha trovato l’Iraq e quale è la sua sensazione per il futuro di questo Paese?
L’Iraq negli ultimi anni ha saputo consolidare la propria stabilità. C’è un processo che vede l’assunzione da parte delle forze di polizia, del controllo della sicurezza di buona parte delle province irachene. Naturalmente l’approccio del governo iracheno alla costruzione di questa stabilità è un approccio molto determinato, che ha saputo valorizzare il contributo dell’Alleanza Atlantica e il contributo dell’Italia. Relativamente alla mia esperienza passata qui in Iraq, ho avuto la responsabilità di garantire nell’ambito della coalizione internazionale la sicurezza della diga di Mosul, che è un’infrastruttura strategica per il paese, rispetto alla quale eventuali problemi di sicurezza potrebbero effettivamente avere delle conseguenze drammatiche per il Paese. Io credo che l’Italia in quell’occasione abbia garantito un contributo determinante, affidabile, cogliendo contestualmente le esigenze di sicurezza manifestate dalla coalizione, ma anche le preoccupazioni delle autorità irachene. E devo dire che anche nell’evoluzione della campagna che ha portato la sconfitta di Daesh il ruolo dell’Italia è sempre stato un ruolo importante e anche qualitativamente decisivo in alcune fasi e che abbia mostrato la professionalità dei nostri soldati e la loro determinazione nel supportare il popolo iracheno nella lotta contro il terrorismo.
Di Serena Sartini
Foto: PAO Nato Mission Iraq