Roma, 3 apr. (askanews) – Colpo di scena alla vigilia della designazione del nuovo presidente di Confindustria. L’industriale ligure Edoardo Garrone, presidente di Erg e del Sole 24 Ore, si è ritirato dalla gara per il “bene dell’associazione”, come ha spiegato in una lunga lettera ai colleghi. Strada spianata, dunque, per l’emiliano Emanuele Orsini, amministratore delegato di Sistem Costruzioni e di Tino Prosciutti e attuale vicepresidente nella squadra di Carlo Bonomi. Domani i 185 componenti del consiglio generale di Confindustria, a scrutinio segreto, designeranno il loro presidente per il quadriennio 2024-2028 ed Orsini resta l’unico candidato in gara.
Per la poltrona di leader degli industriali si erano fatti avanti anche Alberto Marenghi e Antonio Gozzi. Il primo si è ritirato dalla competizione consapevole di non aver raggiunto i consensi necessari. Il secondo, invece, escluso dai saggi per lo stesso motivo ha dato battaglia fino all’ultimo per chiedere di essere riammesso al voto. Ma la sua protesta, a suon di ricorsi al collegio dei probiviri, non è bastata a farlo riammettere. Archiviate le intenzioni battagliere, Gozzi, stando ai rumors, avrebbe puntato sull’alleanza con Orsini offrendogli in cambio il sostegno dei suoi fedelissimi.
Quella che si prospettava, dunque, era una sfida all’ultimo voto tra Garrone e Orsini. Ma il passo indietro di Garrone ha rimescolato le carte in tavola. Nella missiva ai colleghi, il presidente di Erg ha illustrato le ragioni della sua scelta: “E’ evidente che in Confindustria si sono determinate forti fratture e forti tensioni. Non serve all’associazione che un candidato possa vincere per qualche voto, magari frutto di ‘impegni o scambi’ eccessivi e per me intollerabili e inaccettabili. Solo sostenendo un unico candidato e mettendolo nella condizione ideale per forza e autonomia, si può garantire la miglior governabilità alla nostra Confindustria”. Con il suo ritiro Garrone ha voluto consentire a Orsini di “trovare quelle condizioni ideali per guidare Confindustria senza condizionamenti, e di poterlo fare con grande senso di responsabilità”. Secondo l’industriale ligure per “avere una Confindustria forte, occorre innanzitutto mettere un candidato nelle condizioni di potersi scegliere la propria squadra e la propria struttura liberamente, senza alcun condizionamento e negoziazione che lo renderebbe debole e ne sancirebbe il fallimento sin dall’inizio”.
Con la giornata di domani Confindustria archivia una campagna elettorale che resterà nella sua storia come la più divisiva mai registrata tra veleni a mezzo stampa, lettere anonime, ripetuti richiami al silenzio per candidati e supporter, polemiche interne e ricorsi ai probiviri. L’iter di nomina del presidente, eccessivamente lungo e farraginoso, sarà uno dei primi nodi da affrontare per il nuovo presidente. Ma non è l’unico. Il successore di Bonomi dovrà fare i conti con un’associazione fortemente divisa e con la necessità di ricomporre le fratture interne.
Dopo la designazione di domani, il consiglio generale del 18 aprile sarà chiamato a votare anche il programma e la proposta di squadra di presidenza. Infine, l’assemblea dei delegati del 23 maggio eleggerà il nuovo presidente per il quadriennio 2024-2028 e il suo team.