Roma, 15 feb. (askanews) – La potente sorella del leader nordcoreano Kim Jong Un, Kim Yo Jong, ha affermato che una visita del primo ministro giapponese Fumio Kishida a Pyongyang sarà “possibile” se Tokyo non renderà la questione dei rapimenti di cittadini giapponesi un ostacolo. Lo ha riferito oggi l’agenzia di stampa ufficiale nordcoreana KCNA.
Le parole di Kim Yo Jong appaiono come un’indiretta risposta a Kishida, il quale ha dichiarato alla fine della scorsa settimana che Tokyo ha compiuto “vari sforzi concreti” per realizzare un vertice con Kim Jong Un, con l’obiettivo di risolvere l’annosa questione dei rapimenti effettuati da agenti nordcoreani negli anni ’70-’80 in Giappone e in altri paesi, anche europei.
La sorella di Kim – che ufficialmente è presentata come vicedirettrice di dipartimento del Comitato centrale dei Partiti dei lavoratori coreani – è considerata uno dei principali esponenti del regime nordcoreano e spesso presta il volto a posizioni di politica estera di Pyongyang. In questo comunicato, però, ci tiene a sottolineare come la dichiarazione sia una “opinione personale” e di non essere “nella posizione di commentare ufficialmente” le reazioni tra Pyongyang e Tokyo. Insomma, un segnale informale a Tokyo che va letto in controluce.
“Il primo ministro giapponese Kishida, in una recente riunione della commissione Bilancio della Camera dei rappresentanti (giapponese), avrebbe affermato di sentire fortemente il bisogno di cambiare coraggiosamente l’attuale situazione tra il Giappone e la RPDC (Repubblica popolare democratica di Corea, nome ufficiale della Nordcorea, ndr.). Egli ha inoltre sottolineato la necessità di stabilire attivamente rapporti con il Presidente degli Affari di Stato della Repubblica popolare democratica di Corea (Kim Jong Un, ndr.), aggiungendo che sta compiendo sforzi costanti in tal senso attraverso diversi canali”, ha premesso la sorella di Kim.
“Penso che non ci sarebbe motivo di non apprezzare il suo recente discorso come positivo, se fosse motivato dalla sua reale intenzione di liberarsi coraggiosamente dalle catene del passato e promuovere le relazioni RPDC-Giappone”, ha continuato. “E’ un fatto riconosciuto da tutti che i rapporti tra i due paesi si sono deteriorati da decenni, da quando il Giappone ha posto con insistenza come precondizione la soluzione della questione dei rapimenti, che è già stata risolta, o la soluzione di questioni nucleari e missilistiche, che non hanno nulla a che fare con il risanamento delle relazioni RPDC-Giappone”, ha detto ancora Kim. “E’ mia opinione – ha proseguito – che se il Giappone prendesse la decisione politica di aprire un nuovo modo di ricucire le relazioni attraverso un comportamento cortese e un’azione affidabile, sulla base di una coraggiosa rottura con l’ostilità anacronistica e richieste impossibili da ottenere, riconoscendosi a vicenda, i due paesi potranno aprire costruire un nuovo futuro insieme”.
Non si tratta di una vera apertura. Il Giappone considera centrale la soluzione della vicenda dei rapiti. Durante gli anni ’70 e ’80 si verificarono una serie di rapimenti di cittadini giapponesi e non da parte della Corea del Nord. Tokyo ha finora identificato 17 cittadini giapponesi come vittime di rapimenti.
Nel settembre 2002, la Corea del Nord ha ammesso per bocca dell’allora leader Kim Jong Il (padre di Kim Jong Un) di aver rapito cittadini giapponesi, durante uno storico vertice con l’allora primo ministro nipponico Junichiro Koizumi, volato a Pyongyang. Nell’ottobre dello stesso anno, cinque rapiti tornarono in Giappone. Per quanto riguarda il resto dei rapiti giapponesi, Pyongyang “non ha ancora fornito alcuna spiegazione accettabile, nonostante l’impegno esplicito della Corea del Nord al vertice Giappone-RPDC del maggio 2004 di riprendere immediatamente indagini approfondite per ottenere un resoconto completo”, sostiene il ministero degli Esteri giapponese. “Il rapimento di cittadini giapponesi – continua – è una questione critica che riguarda la sovranità del Giappone e la vita e la sicurezza dei cittadini giapponesi. Senza la risoluzione di questo problema non potrà esserci alcuna normalizzazione delle relazioni tra Giappone e Corea del Nord. Il governo del Giappone è pienamente impegnato a compiere tutti gli sforzi possibili per realizzare il ritorno di tutti i rapiti in Giappone il più rapidamente possibile”.
Quindi la condizione suggerita da Kim Yo Jong, che ha invitato Kishida ad avere “la sagacia e l’intuizione strategica” di guardare al futuro “invece di attenersi al passato”, non ponendo “in futuro un ostacolo come la già risolta questione dei rapimenti”, per aprire la strada a una visita a Pyongyang, non sembra una vera e propria apertura da parte del regime di Kim.
La Corea del Nord sostiene che i 12 rimanenti rapiti, di cui non si conoscono le sorti, o sono morti o non sono mai entrati nel paese.