Verona, 3 feb. (askanews) – “L’Amarone è stato in passato un vino che ha soddisfatto una domanda di mercato: i produttori della Valpolicella sono stati tra i più bravi, soprattutto in alcuni mercati, a capire che c’era la necessità di un vino morbido, caldo e piacevole, e questo ha consentito un grande successo volumetrico. Per farlo si è però ecceduto con l’appassimento e con la necessità di rincorrere uno stile che questo segmento del mercato richiedeva. Oggi quel segmento non cresce più e regala molte più ombre che sicurezze per il futuro e dobbiamo quindi cambiare ed evolverci reindirizzando i nostri vini verso un cambiamento sia in termini di geografie di mercato, che di profilazione del consumatore, e per farlo occorre, anche ma non solo, un cambio stilistico. I vini commercialmente solidi sono infatti i fine wines, quelli che hanno un profondo legame con il territorio di origine, vini che hanno valori e un wording comunicativo specifico tali da renderli identitari. Occorre pensare ad un Amarone che rimetta in equilibrio i suoi fattori produttivi: il metodo (la messa a riposo), il territorio (suolo, vitigni, clima), le persone (produttori, imprese) e la comunicazione. La sfida è chiaramente complessa, dal volume al valore, e richiede dei cambi: culturali, produttivi, legislativi e comunicativi”. A dirlo è stato il vicepresidente del Consorzio Vini Valpolicella, Andrea Lonardi, durante il talk “Clima, produzione e mercati: la Valpolicella alla prova del cambiamento”, che ha inaugurato a Verona “Amarone Opera prima” (3-4 febbraio), l’importante appuntamento annuale dedicato al Re dei rossi veneti organizzato dal Consorzio, con 70 aziende partecipanti.
Il Consorzio dunque indica la strada ai suoi soci, prendendosi la responsabilità di proporre una lettura e una via d’uscita di fronte ai dati (impietosi) proposti dall’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), che mostrano una costante e progressiva flessione del consumo di vino a livello mondiale, in particolare del rosso, che per questo territorio significa un Amarone tornato nel 2023 ai valori del 2019. Da qui la proposta coraggiosa dell’ente consortile di guardare insieme con i suoi produttori oltre il modello costruito in questi ultimi trent’anni, ragionando su un Amarone meno standardizzato e omologato, e più identitario e coerente con le sue uve e il terroir dove nasce.
“Abbiamo scelto un approccio più critico che celebrativo per festeggiare la 20esima edizione dell’evento dedicato all’Amarone” ha precisato il presidente, Christian Marchesini, sottolineando che “come Consorzio crediamo però che il modo migliore per continuare a crescere sia quello di analizzare con serietà e puntualità le sfide che i cambiamenti climatici, le nuove dinamiche di consumo e gli sviluppi sui mercati pongono alla Denominazione. Dobbiamo, vogliamo e possiamo fare – ha concluso un Amarone sempre più competitivo, più contemporaneo”.
Questa edizione di “Amarone Opera Prima” è dedicata all’annata 2019. Un millesimo che, secondo il panel di degustazione del Consorzio, si aggiudica le 5 stelle grazie ad una “qualità sensoriale elevata, con profili olfattivi e gustativi che rispecchiano le caratteristiche della denominazione in modo centrato e moderno”. Per quanto riguarda la prospettiva di longevità, l’annata 2019 “presenta un grande potenziale di invecchiamento senza difettare in freschezza e bevibilità, collimando perfettamente con gli odierni trend di consumo”.