Bologna, 25 gen. (askanews) – Se a maggio dello scorso anno, durante l’alluvione in Emilia-Romagna “abbiamo avuto 17 morti, che sono comunque un numero elevatissimo ma non come i 300/400 morti che ci sono stati per esempio in Germania qualche hanno fa”, è perché “c’è stata un’allerta rossa che è stata emanata in maniera corretta che ha fatto sì che una gran parte dei sindaci facessero le evacuazioni preventive, per più di 30mila unità abitative; questo ha sicuramente ridotto il numero delle vittime”.
Ecco perché secondo il direttore di ItaliaMeteo, Carlo Cacciamani, “dovremmo cercare di quantificare di più la possibilità di capire prima che succedano questi fenomeni – e qui ci aiuterà sicuramente l’intelligenza artificiale – quanto possano essere efficaci le misure di riduzione del rischio. Per questo potremo applicare ad esempio l’intelligenza artificiale alla cosiddetta ‘digital twin’, cioè la possibilità di replicare quello che succede in un mondo non reale ma fatto al calcolatore e studiare all’interno di quel mondo quali sono le opzioni per ridurre il rischio”.
Sul tema dell’interpretazione dei dati che testimoniano il cambiamento climatico e adottare, grazie alle nuove tecnologie, le migliori pratiche per trasformare l’ecosistema nel terreno di sviluppo e crescita per comunità e imprese si sono confrontati scienziati, imprenditori e politici al convegno “Cambiamento climatico e filiera delle imprese: infrastrutture e Pmi nella transizione verde” organizzato da Bologna da Fondazione Ifab, International Foundation Big Data and Artificial Intelligence for Human Development.
Secondo i dati illustrati da Cacciamani in estate si prevede una diminuzione della disponibilità di acqua sull’intero territorio nazionale, da un minimo del 10% nella proiezione a breve termine (2030) a un massimo del 40% con punte anche oltre il 90% per alcune zone del Mezzogiorno verso il 2100, qualora si mantenesse invariata l’attuale emissione di gas serra.
Ma gli effetti sono anche nelle aree montane, con la scomparsa dei ghiacciai. Se venisse confermata la tendenza attuale, nel 2100 ci troveremmo con una riduzione ulteriore dei due terzi del volume di ghiaccio, con una scomparsa pressoché totale (94%) dei ghiacciai, con effetti ancor maggiori sulla parte italiana dell’arco alpino, per via dell’esposizione a mezzogiorno. Entro 15 anni il Ghiacciaio della Marmolada potrebbe sparire del tutto: nell’ultimo secolo ha visto una perdita del 70% della superficie e di oltre il 90% del volume.
A questi dati hanno fatto eco quelli presentati da Renzo Giovanni Avesani, amministratore delegato Leithà del gruppo Unipol: secondo l’ultimo rapporto sul dissesto idrogeologico di Ispra, il 94% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni o erosione costiera. L’alluvione in Emilia-Romagna ha colpito il 30% della popolazione e quasi un terzo delle superfici agricole, con una stima dei danni è di 8,8 milioni di euro, mentre l’alluvione in Toscana del 2023 ha causato danni per circa 1,9 milioni di euro.
“Per mantenere il vantaggio competitivo, le imprese e il sistema Italia devono necessariamente dotarsi di strumenti per gestire i rischi legati agli eventi estremi. Il Pnrr offre molte opportunità in questo senso. E’ fondamentale un coordinamento tra le diverse iniziative attualmente in corso per costruire indici o piattaforme, per massimizzare gli sforzi e ridurre la frammentazione” ha concluso Avesani.