Cape Canaveral, 12 gen. (askanews) – “Durante la fase di lancio e d’inserimento in orbita ci sono due fasi principali: la prima è quella del decollo, quando il countdown arriva a zero, i motori del Falcon 9 si accendono, gradualmente iniziano a spingere tutto il lanciatore e la navetta per arrivare da zero fino a 220 km, a circa 28.000 chilometri orari di velocità. In questa fase la navetta è il carico passivo che è in attesa di ricevere questa spinta per arrivare in orbita, l’equipaggio quindi il pilota e il comandante sono agli schemi a controllare che tutte le attività procedono normalmente, abbiamo dei dispositivi di emergenze in caso debbano essere attivati ma è una sequenza molto automatica. Appena arriviamo in orbita, chiaramente questa navetta dev’essere attivata, anche qui c’è un elevato grado di automatismo, il nostro primo compito è quello di seguire le proceduree controllare il funzionamento dei sistemi. Se ci sono delle anomalie ci coordiniamo con il comandante per effettuare delle procedure e poi dobbiamo mantenere i canali di comunicazione aperto con la Terra e, quindi, c’è uno scambio continuo d’informazioni. L’ultima cosa che faremo, in questa prima fase, è poi ordinare tutto per toglierci la tuta e metterci quello che dovremmo vestire per trascorrere queste 36 ore che, nel nostro caso, ci separano dal decollo all’arrivo a bordo della Stazione”.
Così il Colonnello dell’Aeronautica Militare Walter Villadei, intervistato da askanews, a pochi giorni dal lancio della missione commerciale Ax-3-Voluntas di 2 settimane sulla Stazione Spaziale Internazionale, prima missione spaziale della Difesa italiana.
“Io darei agli allievi dell’Accademia un consiglio ma è lo stesso consiglio che darei a qualunque altro studente o studentessa, ragazza o ragazzo in Italia o in giro per il mondo: innanzitutto credere nei propri propri sogni. Chiaramente i ragazzi che sono entrati in Accademia hanno già una parte del loro sogno perché hanno già fatto una scelta molto importante, quindi sono già avviati in un certo percorso ma la cosa fondamentale di cui tener conto è che non esistono, per arrivare a realizzare alcuni sogni, sempre gli stessi percorsi e io ne sono una prova. Sono un astronauta italiano che ha seguito un percorso leggermente dagli altri, nonostante l’addestramento sia esattamente fatto nello stesso modo e negli stessi posti. Quindi anche avere la flessibilità, la pazienza e la determinazione di perseverare e di guardare anche eventualmente in direzioni dove non tutti stanno guardando e trovare la propria strada per poi realizzare i propri sogni”.