Roma, 8 gen. (askanews) – Addio a Franz Beckenbauer, due volte pallone d’oro, si meritò il soprannome di “Kaiser”, ovvero imperatore, per il suo stile, la sua eleganza unitamente a carisma e capacità di guidare con naturalezza e autorevolezza la squadra. Franz Beckenbauer è stato il più grande calciatore che il calcio tedesco abbia mai avuto. Erano giorni di preoccupazione in Germania per le sue condizioni, con il fratello Walter che aveva rilasciato delle dichiarazioni che non facevano ben sperare. Oggi l’annuncio della sua scomparsa a 78 anni. Detiene un primato assoluto: quello di essere stato il primo nella storia del calcio a vincere i Mondiali da calciatore prima e da allenatore poi. Nato a Giesing, oggi quartiere popolare di Monaco di Baviera, l’11 settembre 1945, cresce in una città dominata dalle macerie e dall’occupazione degli Stati Uniti post bellica, in una Germania divista in due stati: est e ovest. Trascorre l’infanzia in povertà, e, nonostante l’avversione del padre, che sognava di vederlo diventare avvocato o geometra, e lo considera un passatempo inutile, Franz dimostra fin da piccolo una grande passione e propensione per il calcio. I primi calci li tira a scuola e in parrocchia, finché a 9 anni entra a far parte del Settore giovanile dell’SC Monaco 1906, polisportiva le cui strutture di allenamento sono a pochi passi da casa sua, nel distretto di Obergiesing. La grande occasione si presenta a 13 anni. Nella finale di un torneo giovanile tra il Monaco 1906 e i pari età del Monaco 1860 ha un diverbio con Gerhard König che gli rifila un ceffone. Pronto a trasferirsi al Monaco 1860 Beckenbauer cambia idea e passa al Bayern Monaco. Il 6 giugno 1964 debutta in prima squadra con il Bayern in seconda divisione. Nel 64/65 entra stabilmente in proma squadra con il portiere Sepp Maier e Gerd Müller. È l’inizio di un cammino che negli anni seguenti porterà i bavaresi a dominare in Germania, in Europa e nel Mondo. Arrivano i primi trofei. Nel 1970 è double: campionato e coppa.
La scalata del Bayern nel panorama Nazionale e internazionale porta Beckenbauer anche a indossare la maglia della Germania Ovest. Il debutto arriva il 26 settembre 1965 contro la Svezia, in una partita valida per le Qualificazioni ai Mondiali di Inghilterra. Il Ct. Helmut Schön ne fa il perno del centrocampo della Nazionale che partecipa nel 1996 al torneo inglese con ambizioni di vittoria. I Mondiali 1966 sono per Beckenbauer la grande vetrina che lo consacra sul piano internazionale: Franz è infatti uno dei protagonisti più luminosi della competizione e dà sfoggio della sua enorme classe, dando un apporto determinante alla squadra nel cammino fino alla finale. Il 30 luglio si gioca a Wembley contro i padroni di casa dell’Inghilterra. Schön decide di affidare a Franz la marcatura di Bobby Charlton, il giocatore di maggior classe dei Tre Leoni, e il risultato è che le due stelle si annullano a vicenda. A determinare l’esito del match saranno così gli altri, e in particolare l’attaccante del West Ham Geoffrey Hurst, autore di una storica tripletta e di un leggendario goal fantasma.
Nel 1970 in quella che passerà alla storia come ‘La partita del secolo’, Boninsegna batte Maier in avvio di gara, ma in pieno recupero il terzino del Milan, Schnellinger, pareggia, portando il match ai supplementari. Nel corso del secondo tempo i tedeschi recriminano per uno scontro in area fra Cera e Beckenbauer: Franz cade male e si lussa una spalla. Beckenbauer resta stoicamente in campo con il braccio fasciato al corpo. Il suo sacrificio non servirà però ai tedeschi, perché saranno gli azzurri a guadagnarsi la finale, grazie al goal del 4-3 finale di Gianni Rivera.
Negli anni 70 Beckenbauer diventa Kaiser. Invitato in Austria per un torneo, il Bayern si reca in visita all’Hofburg, oggi residenza del Presidente della Repubblica austriaca e in passato degli imperatori d’Asburgo. Durante la visita Beckenbauer indugia su un busto di Francesco Giuseppe, l’imperatore che rimase in carica per 68 anni, tra il 1848 e il 1916. Mentre posa accanto al busto Franz sorride e il momento è catturato dal fotografo austriaco Herbert Sündhofer. Lo scatto finisce sul tavolo della rivista ‘Kicker’ e il 16 agosto 1971 esce un articolo di Sepp Graf, nella prima pagina della sua rubrica ‘Immer am Ball’ (Sempre sul pallone) con l’immagine di Sündhofer e un titolo, destinato a fare Storia: “Due imperatori si incontrano all’Hofburg”.
Beckenbauer trascina la Germania Ovest alla vittoria degli Europei del 1972. La Lezione che l’Ajax infligge al Bayern fa nascere il dualismo tra Johann Cruyff e Beckenbauer. Ai Mondiali del 1974, che si giocano proprio in Germania Ovest, si ripropone il dualismo con l’asso olandese Cruijff, capitano e simbolo dell’Olanda del calcio totale. A 32 anni è il preludio a un cambiamento epocale anche sul piano calcistico: Beckenbauer lascia infatti il Bayern Monaco (75 goal in 575 presenze) e la Nazionale tedesca occidentale (14 goal in 103 presenze) per trasferirsi negli Stati Uniti e firmare con i New York Cosmos, diventando un ambasciatore del calcio a stelle e strisce, sulla scia di quanto fatto da altri grandi campioni. A 37 anni abbandona il calcio giocato. Guida La Nazionale alla finale di Messico 1986 e Italia 90.
Beckenbauer si prende la sua rivincita e porta la Germania Ovest a conquistare la Coppa del Mondo, la 2ª della sua storia dopo quella del 1954.
Il libero può alzare il trofeo più ambito nella città che lo ha visto nascere e crescere. Gli ultimi dieci anni sono stati piuttosto difficili a livello personale per Beckenbauer. Il campione, che dopo il fallimento del suo secondo matrimonio con Sybille, si è unito in terze nozze dal 2006 ad Heidi, la sua attuale moglie, è stato messo a dura prova dai problemi cardiaci, per i quali è finito un paio di volte sotto i ferri, e dalla morte di uno dei suoi quattro figli, Stephan, ucciso a soli 46 anni da un tumore al cervello.
“Per la prima volta comincio a pensare alla morte. – ha rivelato alla ‘Bild’ nel 2021 – Intravedo la fine. Spero che il buon Dio mi dia ancora molti anni, ma a questa età non lo sai. Ti rendi conto che il tempo è limitato. E questo ovviamente ti fa riflettere. Non mi agito per qualcosa che non posso cambiare. So che capiterà, morirò. Solo che a questa età ci pensi più spesso rispetto a prima. Non vado più spesso in chiesa, ma prego regolarmente. Ringrazio per la bella vita che ho avuto. Credo sia giusto ringraziare Dio ogni giorno”.