Roma, 8 gen. (askanews) – Il Consorzio di tutela del Radicchio Rosso di Treviso IGP dice no alla richiesta di far visitare le proprie aziende ad un gruppo di produttori americani, per tutelare il proprio know how “soprattutto in zone dove si cerca di aprire da anni un mercato di commercializzazione”. Il presidente Andrea Tosatto invita quindi i produttori di radicchio di Treviso a diffidare da iniziative analoghe sottolineando che non si tratta di avere qualcosa da nascondere visto che “il processo di produzione è infatti noto e chiaro a chiunque abbia il piacere di informarsi a riguardo, ma è fondamentale comprendere che dietro ad una cicoria come il Radicchio di Treviso c’è oltre un secolo di esperienza data dal lavoro dei produttori e dal territorio stesso, e non avrebbe alcun senso infatti sviluppare questa coltura al di fuori delle zone autorizzate alla produzione”.
Ogni azienda, sono circa 150 quelle iscritte al Consorzio, ha sviluppato con il tempo un proprio metodo di coltivazione in base all’andamento climatico al tipo di terreno seminato, alle esigenze produttive e a molteplici fattori impossibili da replicare oltre oceano, vere proprietà intellettuali tutelate fin dal 1996 dal marchio IGP che non devono essere svendute.
“È come se andassimo nelle cantine dello Champagne e gli chiedessimo di insegnarci a coltivare e vinificare le loro uve, lo riteniamo assolutamente fuori luogo. Se oggi il Radicchio di Treviso è simbolo dell’agricoltura italiana di qualità è proprio perché sappiamo produrre un’eccellenza intrecciando territorio e tradizione, non riesco a credere, che delle aziende agricole del territorio non si rendano conto della gravità del danno commerciale che si rischia di creare”, conclude Tosatto.