Andrea Illy: famiglia stava diventando un limite, riassetto funziona – askanews.it

Andrea Illy: famiglia stava diventando un limite, riassetto funziona

La Cina è mercato che cresce di più. Borsa nei piani ma non c’è data
Dic 21, 2023

Milano, 21 dic. (askanews) – “Nelle famiglie ci sono interessi diversificati, possono esserci spinte centrifughe, centripete, ma l’importante è che l’azienda vada dritta. Il riassetto sta producendo i risultati sperati”. Andrea Illy, dal quartier generale di Trieste dove nasce il caffè che porta il suo cognome, racconta le sfide e i nuovi assetti con cui si prepara ad affrontare il futuro questa azienda fondata nel 1933 da Francesco Illy, suo nonno. E’ di pochi mesi fa un riassetto familiare che oggi vede Andrea e la sorella Anna con in mano una quota dell’80,5% della finanziaria che controlla il gruppo Illy.

“Noi siamo figli di una cultura secondo cui non c’è un padrone in azienda, il padrone è il consumatore con quelle 8 milioni di tazzine consumate ogni giorno. Quindi se vogliamo che illycaffè, che ha tra i suoi pregi la coerenza, vada avanti dritta per quella strada, senza deviare, la governance deve poter essere molto stabile e coerente e accompagnare questo percorso continuo, così come l’ha fatto negli ultimi 90 anni” ha detto il presidente ad askanews. Prima del riassetto, annunciato a ottobre, “noi abbiamo sposato un modello che abbiamo chiamato world class organization, che vuol dire un’azienda a controllo familiare ma a conduzione manageriale, contrariamente ai due terzi delle aziende italiane che invece sono il modello cosiddetto padronale, che è anche a conduzione familiare”.

“Riteniamo che raggiunte certe dimensioni e anche un certo avanzamento nelle generazioni, sia controproducente un modello padronale, perché la famiglia comincia a costituire un limite per le prerogative dell’azienda – ha sottolineato – In questo modello ci sono tre cose. Uno: l’apertura del capitale, proprio per non essere autoreferenziali, due: una governance indipendente, e tre: il management esterno. Questo modello l’avevamo scelto con prima che poi ci fossero questi diciamo cambiamenti anche nella compagine azionaria”.

Dal 2021 il fondo Rhone Capital è nel capitale di illycaffè con una quota del 20%: “Con loro la collaborazione va bene, abbiamo un’ottima intesa, che abbiamo costruito prima del loro ingresso. E hanno rispettato la parola, quindi l’intesa è molto positiva”.

Nel futuro di questa azienda c’è l’approdo in Borsa: la proprietà e il management lo hanno più volte ribadito ma ancora sono definiti i tempi e la piazza. “Oggi il capitale è già aperto ma solo a un privato. L’uscita del capitale privato prevede l’apertura del capitale al mercato. Questa è la via maestra. Non è obbligatorio, ma è quello che è pianificato. E questo dovrebbe in qualche misura consolidare questo modello di world class organization, perché capitale aperto vuol dire aperto al mercato”. Il presidente conferma che è “tutto ancora in divenire. Adesso è l’azienda che si deve preparare per essere un’ottima azienda, diciamo una matricola, e nel prossimo anno cominceremo a fare le scelte che servono poi alla quotazione”. E l’incertezza del contesto macro-economico non consente neanche di dire che avverrà entro il 2026. “Non posso confermarlo, è una data orientativa, poi le scelte si fanno sotto data in funzione delle condizioni di mercato che non sono prevedibili. Non si può sapere come andranno i mercati nel 2026 e visto che non se ne ha bisogno è anche inutile punire l’azienda per fare una quotazione in una condizione di mercato non favorevole”.

Sui risultati 2023 (è stata annunciata una crescita a doppia cifra per ricavi e utile) “Siamo soddisfatti perché il percorso di crescita, che era stato temporaneamente interrotto dal Covid, ancorché durante il Covid abbiamo mantenuto comunque l’equilibrio anche finanziario ed economico, adesso è ripreso bene. E questo è molto positivo, sebbene questo fosse un anno molto difficile, funestato da un’elevata inflazione, dalle guerre, dalla crisi in Cina. C’è soddisfazione”.

E il 2024 come sarà? “Sarà un ulteriore anno di crescita, se vogliamo, anche di accelerazione sui mercati internazionali. E di dinamismo anche sul piano delle attività, un marketing mix più completo, anche con strumenti di comunicazione. Il prossimo anno può essere reso più rischioso solo dal rischio sistemico che ormai ci attanaglia. Adesso abbiamo la situazione dei porti bloccati a causa del canale di Suez e le guerre, il cambio climatico, quindi purtroppo è sempre più superfluo fare previsioni”. Sul fronte dei mercati internazionali – illycaffè è presente in 140 Paesi – dopo l’Italia ci sono gli Stati Uniti per importanza ma Illy ha un presidio importante anche in Cina. “Fino ad oggi gli Stati Uniti sono stati il mercato più grande fuori dall’Italia e la Cina è quello che cresce di più. È vero che hanno un consumo pro capite ancora basso lì, ma è in forte crescita e sono molti. In Cina c’è un fenomeno di cross-fertilizzazione culturale. Loro occidentalizzano il loro stile di vita e il caffè, che affianca non sostituisce il tè, è sempre più apprezzato e questa credo che sia una tendenza inarrestabile. Essendo un Paese con una popolazione così grande, ci bastano un consumo pro-capite che è una frazione di quello italiano per fare una seconda Italia in termini di consumo. Noi siamo in Cina in gestione diretta, con la nostra società, da ormai 25 anni. Siamo stati pionieri, siamo presenti in una dozzina di città e continuiamo a crescere con il mercato del caffè”. Alla filiera si aggiunge poi la partnership per online e canale domestico con Hangzhou Onechance Tech. “Siamo soddisfatti del partner e dei primi passi, però è ancora presto per dirlo in generale perché sono passati pochi mesi dall’esordio – ci ha risposto – La Cina sta vivendo un momento particolare: è uscita dal Covid ad aprile, anche se ufficialmente a febbraio, ed è entrata in crisi economica. Un’incertezza dettata anche da un momento incerto a livello istituzionale e dalla crisi del mercato immobiliare, che per i cittadini cinesi è fondamentale. Adesso non si fidano più, non sanno dove investire e hanno tirato discretamente i remi in barca quest’anno”.