Roma, 6 dic. (askanews) – Un coach per motivare i propri figli. Questa la proposta di A scuola con A.M.O.R.E., il progetto educativo studiato da Veronica Leardini: “Un percorso -spiega la Leardini- che è complementare al processo di insegnamento. Gli insegnanti, inseriti nel contesto scolastico, hanno l’onere di seguire le indicazioni ministeriali quanto ai programmi didattici da seguire e agli obiettivi da raggiungere, mentre il lavoro del coach verte più sul “come” fare che non sul “cosa” va fatto. Un approccio che nasce nel mondo sportivo e imprenditoriale ma che ho deciso di estendere ai bambini, agli adolescenti, agli studenti in generale e, ovviamente, ai loro genitori”. Una necessità sempre più impellente che va incidere sul futuro delle nuove generazioni: “Il lavoro di coaching -aggiunge la Leardini- migliora l’autostima dei nostri figli e ha un forte impatto motivazionale. Non sembra ma sono diversi i blocchi che gli studenti subiscono quotidianamente”.
Quali quelli più comuni? Universitari che stentano e non riescono a superare gli esami, adolescenti demotivati e convinti di non essere all’altezza, bambini che studiano ma non riescono ad apprendere. La gamma è insomma molto vasta: “I nostri ragazzi hanno a volte -dice ancora la Leardini- convinzioni errate. Pensano, ad esempio, che gli insegnanti ce l’abbiano con loro, montando su un castello non corrispondente alla realtà ma sufficiente per farli mollare o comunque rallentare. Il coach lavora sulle loro motivazioni e, soprattutto, gli indica un nuovo modello organizzativo, la cui mancanza è spesso la causa principale dei loro problemi”.
Sviluppare un metodo efficace per prendere appunti, migliorare la gestione del tempo, potenziare la comprensione e la memorizzazione strutturata dei testi, acquisire la fiducia e l’abilità necessaria per esporre con sicurezza davanti all’insegnante e alla classe: “Ma non solo -continua la Leardini. Il coach permette ai nostri figli di controllare l’ansia e il nervosismo e, quindi, di rendere meglio negli scritti e negli orali. Un percorso dal quale però non sono esenti nemmeno i genitori che hanno il compito, non secondario, di affrontare la routine scolastica con la massima serenità. Mettere pesi sulle spalle dei ragazzi è la cosa peggiore che si possa fare”.