Roma, 4 dic. (askanews) – Il tumore al fegato o epatocarcinoma rappresenta una delle indicazioni più comuni al trapianto: in Italia, più della metà degli oltre 1.500 trapianti di fegato effettuati ogni anno ha come causa principale l’epatocarcinoma. In questo contesto è di fondamentale importanza prevedere la possibilità che il tumore possa ripresentarsi, evitando da una parte di sottoporre a questo intervento pazienti ad alto rischio e dall’altra migliorando la cura e la gestione dei pazienti trapiantati. Uno studio internazionale, pubblicato su Cancer Communications e coordinato dal Dipartimento di Chirurgia generale e specialistica della Sapienza di Roma, ha raccolto i dati di circa 4.000 pazienti provenienti da Nord America, Europa e Asia per sviluppare un calcolatore in grado di predire il rischio di recidiva di epatocarcinoma post-trapianto.
Per sviluppare questo calcolatore, che è disponibile su una pagina online completamente gratuita, è stata sfruttata, grazie all’aiuto degli ingegneri del Politecnico di Torino, l’intelligenza artificiale. Usando questo sistema innovativo e sofisticato, il nuovo calcolatore sviluppato si è dimostrato più attendibile di quelli già esistenti, aumentando quindi la possibilità di migliorare la cura di tutti i pazienti che vengono sottoposti a trapianto per tumore al fegato. “Lo score sviluppato è stato chiamato TRAIN-AI, acronimo di Time-Response-AlphafetoproteIN-Artificial Intelligence – spiega Quirino Lai della Sapienza. Tutte le variabili che compongono lo score sono facilmente ottenibili prima del trapianto al fine di consentire il suo calcolo praticamente in ogni parte del mondo, basandosi quindi su parametri user-friendly. Un’altra importante novità è stata quella di sviluppare un calcolatore basato su migliaia di pazienti provenienti da tutto il mondo, mentre gli score già esistenti si basavano su realtà regionali, o tuttalpiù nazionali, decisamente più circoscritte”.
La possibilità di predire il rischio di sviluppare una recidiva ha enorme importanza per il paziente per due motivi: può consentire di identificare una classe a rischio inaccettabilmente alto di recidiva che può quindi essere esclusa dal trapianto stesso (trapianto futile per causa oncologica); può consentire di studiare il paziente nel post-trapianto con maggiore attenzione (controlli più ravvicinati, riduzione della terapia immunosoppressiva) per prevenire la recidiva in pazienti a rischio aumentato.