Roma, 28 nov. (askanews) – L’Istituto Italiano di Cultura presenta due proiezioni del film Dante di Pupi Avati, con Sergio Castellitto e Alessandro Sperduti.
Settembre 1350. Giovanni Boccaccio viene incaricato di portare dieci fiorini d’oro come risarcimento simbolico a Suor Beatrice, figlia di Dante Alighieri, monaca a Ravenna nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi. Dante è morto in esilio nel 1321 mentre la sua fama, grazie alla divulgazione della Commedia, si è diffusa ovunque. Gli ultimi suoi vent’anni sono stati terribili, in continua fuga, cercando ospitalità presso le varie corti, con una condanna al rogo e alla decapitazione inflitta sia a lui che ai suoi figli maschi fuggiti a loro volta da Firenze.
Intanto nel capoluogo toscano gli equilibri di potere sono profondamente mutati e la città cerca una riappacificazione, seppure postuma, con un concittadino di tale valore. I dieci fiorini sarebbero il risarcimento simbolico per la confisca dei beni e per la condanna ad essere arso vivo e decapitato decretata ormai quasi mezzo secolo prima dal comune fiorentino. Contro quella parte del mondo ecclesiale che considera la Commedia opera diabolica, Giovanni Boccaccio accetta quest’incarico nella convinzione di poter svolgere un’indagine su Dante che gli permetta di narrarne la vicenda umana e le ingiustizie patite.
Nel suo lungo viaggio Boccaccio oltre alla figlia di Dante incontrerà chi, negli ultimi anni dell’esilio ravennate, diede riparo e offrì accoglienza e chi, al contrario, respinse e mise in fuga l’esule. Ripercorrendo da Firenze a Ravenna una parte di quello che fu il tragitto di Dante, sostando negli stessi conventi, negli stessi borghi, negli stessi castelli, nello spalancarsi delle stesse biblioteche, nelle domande che pone e nelle risposte che ottiene, Boccaccio ricostruisce la vicenda umana e l’intera storia di Dante Alighieri.
PUPI AVATI
Affermato regista cinematografico, scrittore, produttore e sceneggiatore, vincitore di prestigiosi premi del cinema italiano. La scelta di realizzare un film su Dante nasce dal desiderio del regista di far emergere la vicenda umana del grande poeta italiano. Determinante è stata per Avati la scoperta della missione intrapresa da Giovanni Boccaccio nel 1350 e raccontata nel Trattatello in laude di Dante. Il film unisce elementi della narrazione di Boccaccio a congetture e suggestioni che sono il risultato di un ventennale studio della materia dantesca da parte del regista.
Per Pupi Avati è stata inoltre fondamentale la necessità di tramandare la figura di Beatrice Portinari, la cui morte ispirò a Dante la Vita Nova. La costante presenza della sofferenza sia nella vita personale sia nella produzione artistica di Dante sono, secondo Pupi Avati, ‘la conferma di quanto il dolore promuova l’essere umano a una più alta conoscenza”.