Roma, 2 nov. (askanews) – Si scava tra le macerie degli edifici distrutti dopo il secondo attacco aereo israeliano in due giorni sul campo profughi di Jabaliya, nel Nord della Striscia di Gaza, uno dei luoghi più densamente popolati al mondo. Si cercano sopravvissuti nei grandi crateri lasciati dai bombardamenti.
Secondo Hamas sono almeno 195 i palestinesi morti negli attacchi e 120 i dispersi; oltre 770 persone risultano ferite.
“I bambini palestinesi vengono uccisi, dov’è il mondo intero? Salvateci – dice Amer Abu Al Kumsan, residente del campo – i bambini stanno morendo, a chi dice che ci sono leader di Hamas qui, giuro che non ci sono. Giuro su Dio che qui stanno morendo donne e bambini. Abbiamo recuperato soprattutto corpi di donne e bambini, pochissimi uomini”.
“È un disastro che riguarda tutto il mondo – afferma Mohammed Naser, altro residente di Jabaliya – se i Paesi del mondo avessero anche solo un briciolo di vergogna, non avrebbero permesso questo”.
Gli attacchi al campo sono stati giustificati dal governo israeliano con la necessità di colpire le basi e le infrastrutture di Hamas, che si nascondono tra le precarie abitazioni palestinesi ammassate; anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani però è arrivato a dire che i bombardamenti potrebbero essere equiparati a “crimini di guerra”, per il numero di vittime e l’entità della distruzione.