Milano, 25 ott. (askanews) – La zootecnia come l’agricoltura oltre a emettere anidride carbonica nell’ambiente la sequestra attraverso le piante. Per questo non si può parlare solo di emissioni climalteranti, ma occorre fare un bilancio tra questi due parametri. Il libro “Meats and cured meats: the new frontiers of sustainability”, edito, in formato open access, da Franco Angeli col contributo di Carni Sostenibili, parte da queste constatazioni per rivedere l’impatto ambientale del comparto zootecnico. Ne abbiamo parlato col professor Giuseppe Pulina, autore insieme a Elisabetta Bernardi ed Ettore Capri, del volume presentato al Parlamento europeo. “Se parliamo di Europa – ha detto Giuseppe Pulina, professore Università di Sassari e presidente di Carni Sostenibili – le emissioni nette complessive se facciamo il bilancio tra ciò che viene emesso e ciò che viene sequestrato è del 4,8% mentre se non considerassimo il sequestro di carbonio il dato si attesta intorno all’11%”.
Il settore zootecnico a livello europeo rappresenta il 38,5% dell’intero comparto agricolo con un valore di 206 miliardi di euro e circa 4 milioni di addetti. E l’Italia che posizione occupa in termini di impatto ambientale? “Per quanto riguarda l’Italia dati Ispra ci dicono che gli allevamenti emettono circa 25 milioni di tonnellate di co2 equivalente ma pascoli e superfici su cui gli animali pascolano assorbono 26,5 milioni di tonnellate di co2 per cui l’Italia nel bilancio è ufficialmente carbon neutral”.
Nel solco di questa revisione degli impatti, si inserisce anche la necessità di sviluppare nuove metriche di calcolo delle emissioni, che tengano conto della permanenza in atmosfera dei gas climalteranti, per la prima volta al centro di uno studio di un team di fisici dell’atmosfera dell’Università di Oxford: “Il principale gas climalterante degli allevamenti in particolare dei ruminanti è il metano che rimane nell’atmosfera pochi decenni mentre la Co2 si accumula perchè permane per secoli addirittura oltre un millennio. Le nuove metriche sono assolutamente necessarie perchè si possano implementare politiche reali di riduzione delle emissioni, per cui per questa Cop che avremo fra meno di un mese spero che le parti politiche possano iniziare a rispondere all’appello degli scienziati”.
Questi dati per una realtà come Filiera Italia sono l’occasione per chiedere un approccio nuovo alle politiche comunitarie, finora giudicato ideologico: “Tutte le normative sulla zootecnia sono partite da un punto di vista ideologico in cui la zootecnia è considerata un nemico della transizione verde e mai su dati obiettivi e scientifici – ha affermato Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia – non c’è nessun desiderio di sottrarsi al dibattito ma se qualcuno pensa giocando conto interessi agricoltori e allevatori di fare la sua battaglia politica ha sbagliato a livello comunitario e sta sbagliando nei paesi membri in cui si è candidato”.